Fino a qualche anno fa quasi tutti gli Stati dell’Europa dell’Est vedevano come un sogno l’ingresso nell’Eurolandia. Ora in tanti, dopo anni di politiche mirate e concordate con Bruxelles, dopo duri sacrifici, proprio mentre sta per realizzarsi l’ambito sogno, si sono raffreddati e hanno deciso di adottare una politica attendista. Un cambio di strategia legato soprattutto al mutato quadro di Eurolandia: gli speculatori scommettono sulla dissoluzione dell’Euro, il ‘Wall Street Journal’ scrive di banche pronte a riattivare un sistema di cambi basato su lira e dracma, il ritorno della Gran Bretagna allo ‘splendido isolamento’ almeno monetario. Insomma non si fidano più dell’euro e per ora vogliono restare con le monete nazionali. E così i paesi dell’Europa dell’Est non sembrano aver più così tanta fretta di aderire a un’unione monetaria sempre più vacillante e di seguire Slovenia, Slovacchia ed Estonia, gli unici paesi della ‘nuova Europa’ a fare già parte dei ‘diciassette’.
Repubblica Ceca. Secondo un sondaggio risalente allo scorso novembre quasi il 7 cechi su 10 sono contrari all’adozione dell’euro. Solo il 18% a favore. Il primo ministro Petr Necas ha più volte ribadito che nel corso del suo mandato, in scadenza nel 2014, non intende fissare un termine per l’ingresso nell’eurozona. Euroscettici sono anche il ministero delle Finanze e la banca centrale che hanno rinunciato a stabilire una data per l’accesso al meccanismo ‘Erm II’, ovvero la ‘sala d’attesa’ per i paesi candidati che prevede due anni di aggancio della valuta nazionale alla moneta comune prima dell’adozione ufficiale.
Polonia. La maggiore economia dell’ex cortina di ferro si è un po’ raffreddata nei confronti dell’euro. Secondo un sondaggio di inizio mese circa tre quarti della popolazione non vuole la moneta unica, con una percentuale di favorevoli che si ferma al 22%. Anche Varsavia non ha fissato una data d’accesso a Eurolandia, pur puntando a soddisfare tutti i requisiti necessari entro il 2015. “E’ un obiettivo strategico, vogliamo entrare nell’eurozona ma non in questo momento” ha affermato il governatore della banca centrale polacca, Marek Belka, in una recente dichiarazione.
Ungheria. Tra Budapest e Bruxelles non corre buon sangue, dopo che l’esecutivo magiaro ha approvato una controversa legge di stabilità che inserisce nella Costituzione alcuni provvedimenti in materia fiscale, tra cui la ‘flat tax’, giudicati dalla Commissione Europea in contrasto con i trattati. La Bce, da parte sua, sta fortemente osteggiando una riforma della banca centrale che – afferma Francoforte – ne minerebbe l’indipendenza. Tensioni che non aiutano certo un paese ricaduto in una preoccupante crisi finanziaria e che è in trattativa con Ue e Fmi per un nuovo piano di aiuti. Il governo di Budapest, in ogni caso, non considera plausibile un ingresso nell’euro prima del 2020.
Bulgaria. Secondo fonti governative Sofia potrebbe avere le carte in regola per entrare nell’area euro già dall’anno prossimo ma per ora non è nemmeno entrata nel sistema ‘Erm II’.
Lettonia. Il paese baltico vuole adottare l’euro nel 2014, un impegno confermato recentemente anche dal governo.
Riga ha il problema di una inflazione ‘sostenuta’ che vuole combattere con tutti i mezzi.
Lituania. Vilnius nel2007 acausa dell’inflazione mancò per un soffio l’ingresso in Eurolandia. Il governo ha fissato al 2014 il nuovo termine per l’adozione dell’euro. La popolazione è spaccata in due: secondo l’ultimo sondaggio il 49% dei lituani vorrebbero mantenere in circolazione il litas, contro un 43% di favorevoli all’ingresso nella moneta unica.