Al centro degli impegni governativi le divergenze tra Forza Italia e Lega su diversi argomenti a partire dall’autonomia differenziata, dove anche i vescovi entrano a gamba tesa.
Il partito di Antonio Tajani ha deciso di ostacolare il percorso dell’autonomia differenziata. “Forza Italia vincola senza mezzi termini l’applicazione della riforma all’approvazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che sono il cuore politico della legge – scrive Emanuele Lauria su La Repubblica -. E la novità è che anche fra i Fratelli d’Italia, nel Sud più sensibile agli effetti delle nuove norme, cresce il malessere”. Se il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana rimanda l’approvazione dei Lep “in un secondo momento”, Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia e fedelissimo di Antonio Tajani, dice a Lauria tutto il contrario. “Senza i Lep non c’è l’Autonomia. Se Fontana dice il contrario, non ha letto la riforma”. Le distanze tra gli alleati sono anche sui tempi necessari per approvare la riforma. “Nevi smorza l’entusiasmo di chi, fra i leghisti, ha addirittura azzardato il via alla riforma entro Natale: «Ma Natale di quale anno?», scherza il deputato forzista – riporta Repubblica -. «Nessuno può dire al momento quanto tempo serva. Né quante risorse occorrano. La riforma – prosegue – va applicata, d’accordo. Ma senza fughe in avanti»”.
Nella diatriba sull’Autonomia differenziata è entrata anche la Cei. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio, vice di Matteo Zuppi alla Conferenza episcopale italiana (Cei), parla della riforma Calderoli come di un “cavallo di Troia”. Lo fa nel confessionale di Repubblica. “Non solo avremo tante Italie quante le Regioni, ma si rischia pure un Far West tra quelle povere”, a riportarlo è Franco Stefanoni il Corriere della Sera. A pesare sul destino del Sud sarebbero “Le poche risorse, e l’arbitrarietà con cui saranno assegnate, innescheranno gelosie e quindi conflittualità. Il fatto che non si è voluto fissare il criterio di determinazione dei Lep non lascia immaginare nulla di buono.
Al contrario, critico, sulle rimostranze degli amministratori meridionali, è Andrea Vaccariello che firma un editoriale sulla prima pagina del Riformista. “I presidenti delle Regioni meridionali, insieme ai partiti e agli intellettuali che li sostengono, dovrebbero dire ai propri cittadini cosa stanno facendo per il futuro – scrive Vaccariello -; quale impegno hanno messo a terra per evitare che i giovani scappino dal Sud. Dovrebbero indicare la direzione verso la quale il Mezzogiorno potrà crescere. Certo, dovrebbero dirlo. Sempre che i cittadini meridionali lo chiedessero. Fin quando mancherà una coscienza civica, per il Sud la prospettiva sarà solo il dibattito sui social con i migliori che andranno via”.
All’attacco del vicepresidente della Cei ha risposto Luca Zaia, governatore leghista della Regione Veneto. “Sono sorpreso e rammaricato. Siamo abituati a una Chiesa che indica la via, la rispettiamo, ma stavolta la direzione è sbagliata, alimentata almeno in parte da un’informazione di parte – dice Zaia ad Alessandro Gonzato su Libero -. È importante capire se si tratta di un’opinione isolata, quella del vescovo di Cassino, o di una posizione ufficiale della Cei. Se fosse stata approfondita meglio la portata della riforma, nei suoi aspetti tecnici e amministrativi, sono convinto che il vicepresidente avrebbe espresso una valutazione più chiara e diversa. Metto a disposizione i nostri esperti per qualsiasi confronto. Questo allo scopo di chiarire qualsiasi dubbio”.
Avvenire, il giornale dei vescovi, glissa sullo scontro tra prelati e Lega e si limita a dedicare un pezzo a firma Ilario Lombardo alle animosità interne alla maggioranza. “L’opposizione si sta riorganizzando e non sfugge alla premier quanto la raccolta estiva delle firme contro l’Autonomia, e i ricorsi delle Regioni guidate da giunte del Pd o in alleanza con la sinistra e il M5S, siano una piattaforma di dibattito perfetta per indebolire il governo e strutturare un’alternativa in vista dei prossimi appuntamenti elettorali – si legge su Avvenire -. È una legge che ha imposto la Lega, che Meloni non voleva e che non riesce fino in fondo a giustificare davanti agli elettori, come ammettono tutte le fonti di Fratelli d’Italia. Né è d’aiuto il fatto che l’altro alleato resti poco convinto della bontà della riforma. Forza Italia sta diventando un caso agli occhi di Meloni. Il partito che dopo la morte del fondatore Silvio Berlusconi sarebbe dovuto diventare poco meno che un’appendice di FdI, un satellite inglobato dall’egemonia meloniana, si sta rendendo più autonomo e più audace, grazie anche al sostegno, maggiore rispetto a un anno fa, dei figli del patriarca.
A replicare al prelato arriva il governatore veneto Luca Zaia secondo il quale le parole di Savino «non corrispondono al vero: non vi sarà alcun Far West. Mi dispiace constatare questa superficialità nella valutazione. Queste dichiarazioni appaiono basate su una lettura fuorviante e fortemente di parte».