I condoni sono serviti a fare cassa, ma non a “sanare” l’evasione che continua a sottrarre ingenti risorse allo Stato. E anche la “pace fiscale” che il Governo Conte vuole introdurre nel 2019 rischia di assicurare un gettito molto inferiore alle attese. Il giudizio senza appello arriva dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che sottolinea come negli ultimi 45 anni il recupero è stato di 131,8 miliardi di euro: una cifra molto inferiore a quella “evasa” che ammonta a 110 miliardi l’anno
“Premesso che l’evasione fiscale va contrastata ovunque essa si annidi –sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – è comunque bene ricordare che nel rapporto tra il fisco e il contribuente la parte maggiormente lesa non è il primo, bensì il secondo. Se, infatti, teniamo conto degli effetti economici riconducibili al cattivo funzionamento della macchina pubblica, i danni subiti dai cittadini e dalle imprese sono nettamente superiori a quelli arrecati allo Stato dagli evasori attraverso il mancato pagamento di tasse e contributi”.
La Cgia ricorda che sono circa 20 milioni i contribuenti italiani che hanno un debito con il fisco. Di questi, l’82 per cento, pari a 16.340.000 persone, deve versare un importo inferiore a 10 mila euro. Complessivamente i ruoli da riscuotere ammontano a 871 miliardi di euro. Se teniamo conto dei soggetti falliti o delle persone decedute, dei casi in cui la riscossione risulta sospesa, delle situazioni in cui sono in atto delle rateizzazioni il residuo aggredibile scende a 84,2 miliardi che include anche i debiti per i quali i contribuenti non possono essere perseguiti a seguito delle disposizioni previste dalla legge.
Oltre agli evasori tradizionali una buona parte dei 110 miliardi che annualmente vengono sottratti al fisco sono imputabili alle azioni elusive delle società di capitali, alle multinazionali del web e alla fuga di alcune grandi aziende che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse.