Fratelli d’Italia e Forza Italia voltano le spalle alla Lega di Matteo Salvini sull’emendamento sul terzo mandato per i governatori, segnando una spaccatura della maggioranza. In commissione Affari costituzionali l’esito prevedibile è diventato realtà, con i partiti di Meloni e Tajani che hanno deciso di votare contro il testo proposto dal Carroccio sul vincolo del terzo mandato, lasciando Salvini amareggiato. A sostenere la proposta, invece, Italia Viva, con il testo bocciato con 4 voti favorevoli e ben 16 contrari.
Che il testo non sarebbe passato in commissione Affari costituzionali non è di certo una sorpresa, ma certifica ancora una volta la spaccatura all’interno della maggioranza. Oltre a Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, infatti, ad affossare l’emendamento della Lega sul terzo mandato è stato proprio il fuoco amico di Meloni e Tajani, con Fratelli d’Italia e Forza Italia che hanno votato contro la proposta.
Nelle ore precedenti il Carroccio aveva ritirato l’emendamento sul mandato dei sindaci nella speranza di trovare un’apertura dagli alleati, ma così non è stato. Con 16 voti contrari e 4 favorevoli, infatti, la Commissione ha bocciato la proposta.
Salvini e i suoi, almeno per il momento, dovranno quindi accontentarsi di quanto previsto dalla legge, ovvero allo stop a due mandati per i governatori. Una proposta, quella della Lega, che aveva l’obiettivo di poter far confermare alle Regionali alcuni tra i suoi più illustri presidenti di Regione, come Luca Zaia che in Veneto è una sicurezza e fiore all’occhiello della squadra del Carroccio. Ma per Lega la ‘partita non è ancora chiusa’: ‘Siamo convinti che l’ineleggibilità di un rappresentante dei cittadini deve passare solo da un voto popolare. Non può essere una norma a dire che un governatore che ha fatto bene, gradito ai cittadini, non può essere eletto a causa della decisione dei partiti’.
La premier ha ridimensionato le analisi di chi parla di spaccatura nella maggioranza sul terzo mandato. “Il terzo mandato non era una cosa inserita nel nostro programma” di governo – ha affermato – in massima serenità ne abbiamo discusso”, precisando che “non è una materia che crea problemi al governo, alla maggioranza”. Parlando della riforma del premierato ha negato che si possa ventilare “il rischio di una deriva autoritaria a meno che la Francia sia considerata una nazione autoritaria. Noi vogliamo fare governare chi e’ stato scelto dagli italiani, diciamo basta a inciuci, governi tecnici, e chi e’ anti democratico saremmo noi. Vogliamo rimettere la democrazia nelle mani dei cittadini. I racconti della sinistra sono curiosi. Quando la riforma del premierato arriverà al referendum, e arriverà al referendum perché la stanno osteggiando perché la temono, avremo un’occasione storica. Diranno che è un referendum sul governo, ma non è sul governo è su quello che succede dopo. Non la sto facendo per noi, perché il governo durerà cinque anni, ma perché se non la facciamo noi oggi non la farà nessuno. Si è detta anche “favorevole al vincolo dei due mandati” per il premier. Credo che la cosa più sensata sia trovare una regola che vale per tutti”, cioè per sindaci e governatori. La mattina mi ci diverto come una matta” a leggere le ricostruzioni e mi “scambio messaggini. La speranza che la maggioranza crolli è una speranza dell’opposizione e faremo del nostro meglio per non realizzarla. In Italia abbiamo una sinistra che ha cercato il soccorso esterno, quando non regge il dibattito, che sia la Commissione europea o i commentatori. Sono rimasta molto colpita dal silenzio di Schlein sugli insulti e sui metodi di Vincenzo De Luca. Non vengano a farci la morale tutti i giorni, perché quando è stato chiesto a Schlein cosa ne pensava, lei ha risposto ‘Ho già parlato di autonomia’. Farò così anch’io. Gente che fa lezioni di morale e poi non si assume le responsabilità non mi convince”.
Il secco no al terzo mandato per i governatori, infatti, sa di presa di posizione da parte di Meloni e Tajani contro Salvini, col leader della Lega che è riuscito a convincere soltanto il “nemico” Matteo Renzi nella sua lotta allo stop al vincolo per i presidenti di Regione. Una decisione, quella della premier e del suo vice, nonché ministro dell’Interno, che sa di allontanamento di Fdi e FI dalla Lega, con i sondaggi che vedono i partiti di Meloni e Salvini uscirne comunque penalizzati.
Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, ha rincarato la dose sottolineando che “se non si mette ordine sul vincolo del terzo mandato rischiamo nei prossimi due tre anni di avere un contenzioso tra governo centrale e Regioni quasi infinito”.
Il presidente del Veneto Zaia tiene a precisare che “la strada è ancora molto lunga”. E a confermare che da via Bellerio non c’è alcuna intenzione di lasciarla vinta agli alleati di governo ci pensa il segretario e vicepremier Matteo Salvini. Che avverte: “se ne parlerà nell’Aula del Parlamento che è sovrana”.
Una frase lanciata poco dopo la spaccatura in Commissione e in cui molti leggono l’ipotesi che la Lega possa ripresentare l’emendamento quando il decreto approderà nell’Aula di Palazzo Madama. Eventualità che secondo alcuni porterebbe allo scontro frontale in maggioranza. “Perché la bocciatura in Commissione è una cosa, ma andare al redde rationem in Aula è ben più pesante”, spiega qualcuno in Transatlantico. A sentire il senatore veneto della Lega Paolo Tosato, vicepresidente della Commissione, si tratterebbe tuttavia di un’ipotesi che al momento non intimorisce almeno una parte del partito. “Ripresenteremo le nostre proposte – spiega Tosato – e cercheremo di convincere i nostri alleati di maggioranza a rivedere le loro posizioni”.
“Nessuna lacerazione”, assicura Forza Italia con Maurizio Gasparri. La stessa Lega ha evitato di andare all’impatto con l’esecutivo, ritirando in Commissione l’emendamento sul terzo mandato ai sindaci per i comuni superiori ai 15 mila abitanti su cui era arrivato il parere negativo del governo.
E c’è chi fa notare che anche all’interno della Lega, non tutti sarebbero d’accordo ad andare al muro contro muro. Sulla linea del presidente del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga, che aveva già invitato a riaprire la discussione dopo le elezioni europee, ci sarebbe anche un gruppo di parlamentari, tra cui il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, che si è tenuto alla larga dalle tensioni in Commissione.
Da Matteo Renzi c’era l’auspicio di trainare le altre opposizioni verso un voto favorevole al provvedimento, così da scrivere una “sconfitta totale della premier”. Ma i dem, dopo riunioni accese e aspri dibattiti interni, alla fine scelgono di cambiare la linea della non partecipazione al voto e virano verso il voto contrario, già annunciato da M5s e Avs. Con l’esito, però, di non aver “salvaguardato l’unità del partito”, come evidenzia l’ala riformista guidata dal presidente Stefano Bonaccini, e sostenuta dai sindaci dem favorevoli al terzo mandato. La corrente del presidente Pd e governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini critica frontalmente le scelte della segreteria di Elly Schlein. Il voto contrario dei senatori dem, in commissione al Senato, agli emendamenti sul terzo mandato per i governatori delle Regioni, oltre a causare una spaccatura nella maggioranza, fa vacillare gli equilibri interni del partito democratico.
“Forte disappunto da parte dell’area di Energia Popolare per il voto espresso dal Pd in Senato – fanno sapere fonti della corrente dem fondata da Stefano Bonaccini – Non è stato rispettato l’accordo preso in direzione e non si è salvaguardata l’unità del partito. Ora andrà gestito anche il malcontento di sindaci e presidenti. Se ne dovrà discutere appena dopo il voto in Sardegna”.
‘Fanno bene a chiedersi se ci saranno ripercussioni sulla tenuta del governo. Loro smentiscono, ma il fatto stesso che se lo chiedono fa capire che hanno un bel problema con le loro divisioni”, ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, a margine del seminario “Un’Intelligenza Artificiale al servizio delle persone. Il protagonismo europeo per una rivoluzione democratica e intelligente” organizzato da Fondazione Demo.
Protesta l’Anci con il presidente Antonio Decaro. Nel mirino “la partita sul terzo mandato per tutti i Comuni” che, promette, “non si chiude qui perché l’Anci non lascerà cadere questa battaglia, che abbiamo condotto sempre in maniera unitaria. Riteniamo che ci siano le condizioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale delle norme attuali e chiederemo ai Consigli delle autonomie locali di proporre alle proprie Regioni impugnativa alla Corte costituzionale”. Per il presidente dell’Anci, “la permanenza del limite solo sopra la soglia dei 15mila abitanti è irragionevole e crea situazioni insostenibili, come quelle di Comuni di popolazione quasi identica, magari distanti pochi chilometri uno dall’altro, i cui elettori non avranno però lo stesso diritto di confermare o meno il proprio sindaco”.