Bruno Vespa, tornando con la memoria al 7 aprile 2016,  ha dichiarato: “Rivendico in maniera totale la mia intervista al figlio di Riina, ma fu un errore fargli firmare la liberatoria dopo la registrazione della puntata”.

All’epoca, il giornalista aveva ospitato nello studio di Porta a Porta Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del “capo dei capi”, in occasione dell’uscita del suo libro Riina, family life. Il faccia a faccia sollevò un polverone, ma Vespa, dopo tre anni dall’incontro, lo ha rivendicato, affermando: “Solo da quell’intervista ho capito, e spero che lo abbia capito anche il pubblico, l’impunità di cui ha goduto Riina da latitante. È stato nella clinica dove partoriva la moglie liberamente, non con la barba e i baffi, così, come sarei entrato io e nessuno diceva niente. È stato in spiaggia con la famiglia e nessuno diceva niente. Io questo non lo sapevo e debbo a quell’intervista il fatto di averlo saputo”. Gomez commenta: “L’avrei intervistato anche io. Noi siamo qui a fare i giornalisti per intervistare i cattivi anche, non solo i buoni”. E ricorda: “Accadde anche un’altra cosa: la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi polemizzò sul fatto che la liberatoria venne firmata non prima dell’intervista, ma dopo. ‘Le liberatorie si danno sempre prima perché altrimenti si lascia il pallino in mano a chi la deve firmare dopo’, disse all’epoca la Bindi. Se lei gli avesse fatto domande troppo cattive, Riina jr. avrebbe potuto dire: ‘Io non le do il permesso'”. Il direttore de ilfattoquotidiano.it trova il conduttore di Porta a Porta d’accordo con lui: “E infatti fu un errore. Fu un errore”, conferma Vespa.

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