La Corte Costituzionale ha fatto tirare un respiro di sollievo al governo definendo ‘illeggittimo’ il blocco della contrattazione nel pubblico impiego deciso dal decreto legge 78 del 2010, e prorogato da tutti i governi successivi perchè lede la libertà sindacale. Il governo ‘tira un respiro di sollievo’ perchè è illeggittimo solo per gli anni passati, ed è ‘illeggittimo’ solo se perdura. Per il governo significa non dover mettere mano a 35 miliardi di euro a cui sarebbe ammontato il pregresso secondo le stime del Mef. La Consulta, in pratica, salva il pregresso e il blocco contrattuale e stipendiale che si è protratto dal 2010 al 2015, non comporterà alcun arretrato da pagare e sbloccherà la contrattazione. Il verdetto dei 12 giudici è stato improntato seguendo una logica di compromesso e si attende la sentenza che verrà pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Le motivazioni saranno scritte dal giudice Silvana Sciarra e, molto probabilmente, questo non avverrà in tempi brevi, dando al governo tempo per riattivare i negoziati sul trattamento economico di circa tre milioni di dipendenti pubblici interessati al blocco. Il governo ha tempo fino alla pubblicazione della sentenza ma dovrà riaprire la contrattazione con gli statali rinnovando i contratti. Il Tesoro dovrà mettere sul piatto risorse fresche che ammontano a quasi 5 miliardi l’anno. I tecnici di Pier Carlo Padoan, in una simulazione, hanno ipotizzato un impegno di spesa di 1,66 miliardi di euro per il 2016, 4,16 miliardi nel 2017 e 6,69 miliardi nel 2018. La contrattazione è, ovviamente, triennale. Sono stati indicati gli argini nei quali il Tesoro dovrebbe muoversi nella prossima legge di Stabilità. Il governo potrebbe decidere di attendere il varo della legge di Stabilità per avere un’idea precisa sulle risorse che sarà necessario stanziare. Molto importante resta l’andamento della contrattazione con i sindacati e i dipendenti pubblici che hanno perso migliaia di euro negli anni di blocco dei contratti. I sindacati affilano le armi. Susanna Camusso afferma: “Credo che il Governo farebbe bene già da domani a chiamare le organizzazioni di categoria e cominciare a discutere del rinnovo dei contratti nazionali”. La dichiarazione di Annamaria Furlan, numero uno Cisl, è analoga: “Ora non ci sono più alibi e scuse. Dopo questa sentenza sacrosanta e giusta della Corte Costituzionale speriamo che il governo sani questo ‘vulnus’ inaccettabile aprendo subito la trattativa per il rinnovo dei contratti pubblici, come si fa in tutti i paesi civili del mondo e dove lo stato datore di lavoro rinnova i contratti con i propri dipendenti attraverso il dialogo con i sindacati”. Identica e la posizione del leader Uil, Carmelo Barbagallo: “In mancanza di una convocazione immediata saremmo di fronte a un atto gravissimo contro il quale non resteremmo a braccia conserte”.
Roberto Cristiano