Sulla fase 2 questa volta la fuga in avanti è del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, una delle figure istituzionali più prudenti in queste settimane di emergenza sanitaria. Partiamo da una doverosa premessa: riaprire era necessario, in qualche modo anche doveroso alla luce dei dati sui contagi. Ma rispetto alle prime indicazioni sulla fase 2, il Paese si ritrova in anticipo di quasi quindici giorni. E con un compromesso sui protocolli di sicurezza a discapito del lavoro svolto dall’Inail e Comitato Tecnico Scientifico.
Le aperture di parrucchieri, centri per la cura della persone, bar e ristoranti era inizialmente fissata per il 1 giugno, con la promessa di Conte di rivedere il calendario in base ai dati sui contagi. Morale della favola, quattordici giorni dopo il famoso 4 maggio, giorno di aziende, congiunti e affetti stabili, riaprono negozi al dettaglio, centri commerciali, bar, ristoranti, parrucchieri, estetisti. Riaprono al pubblico le funzioni religiose e i musei. E non è tutto. Per gli spostamenti all’interno della regione di appartenenza cade ogni vincolo. Non sarà necessaria l’autocertificazione, ormai sulla strada del pensionamento visto che resta solo per gli spostamenti tra Regioni. Si potrà andare al pub, si potrà uscire per incontrare gli amici, si potrà andare al mare, in montagna o al lago. Sempre rispettando le norme del distanziamento sociale e il divieto di assembramento. Un bel passo in avanti, suggerito e giustificato dai dati sulla diffusione del coronavirus nelle regioni italiane. Ce ne sono tre da tenere sotto controllo con particolare attenzione, ma tutte le Regioni sono sotto la soglia di allerta.
Ma c’è dell’altro. Non solo riapre quasi tutto, ma si riapre a condizioni diverse da quelle indicate dall’Inail (con il contributo del Comitato Tecnico Scientifico). Nella trattativa tra Regioni e governo sono nate delle linee guida decisamente meno stringenti che di fatto limitano la distanza di sicurezza a uno o due metri. Ovunque. Anche dove i documenti tecnici consigliavano un distanziamento fino a quattro metri e mezzo. Ad esempio. Secondo alcuni osservatori il Presidente del Consiglio ha sconfessato i tecnici che aveva fedelmente seguito per tutta la fase 1. In realtà Conte ha iniziato ad esercitare un ruolo politico. Nella prima parte dell’emergenza si doveva seguire la scienza. Forse anche ciecamente. Nella seconda fase gli esperti devono costruire una cornice per la politica.
Il Presidente del Consiglio ha deciso di rischiare. Forse più di quanto avrebbero fatto gli esperti ma con ogni probabilità più del dovuto. Questa volta la fuga in avanti è di Conte, al punto che diverse Regioni dal 18 maggio non saranno allineate al governo per difetto, ossia lasceranno chiusi ad esempio i bar, o i ristoranti o i parrucchieri o gli estetisti. Insomma, non apriranno tutto quello che sarà possibile aprire. E il premier è consapevole del fatto che la curva tornerà a salire, ma ci sono buoni motivi per credere che resterà nei parametri di controllo.
Difficile capire se sull’accelerazione improvvisa di Conte abbiano influiti le pressioni politiche. Il premier è finito nel mirino del Centrodestra, pronto a scendere in piazza il 2 giugno con la Lega ed Fdi. Ma il Presidente del Consiglio è stato pressato anche da Matteo Renzi, che in diverse occasioni ha paventato anche un passo indietro di Italia Viva. Alla fine la fuga in avanti di Conte ha sorpreso tutti, anche Speranza, il più conservatore tra i ministri per quanto riguarda la gestione di questa epidemia.