La Lega precisa che la proposta di legge del senatore Manfredi Potenti è un’iniziativa del tutto personale. I vertici del partito, a partire dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non condividono quanto riportato nel Ddl Potenti il cui testo non rispecchia in alcun modo la linea della Lega che ne ha già chiesto il ritiro immediato. Così fonti della Lega.
“Dopo la mobilitazione politica e quella della società civile la proposta di legge del senatore Potenti è stata ritirata, venendo definita dalla Lega un’iniziativa ‘del tutto personale’. Una vittoria contro chi vorrebbe riportare il Paese nel passato, con la volontà di estromettere dallo spazio pubblico e politico il vissuto e il punto di vista femminile”. Lo dice Chiara Gribaudo, vice presidente del Partito democratico.
“Siamo contenti – sottolinea la deputata dem – che la proposta sia stata ritirata, ma non abbassiamo la guardia di fronte a un governo guidato da una premier donna che si fa chiamare ‘signor presidente del Consiglio’: questa destra – conclude Gribaudo – crede in un modello patriarcale e lo dimostra quotidianamente, sull’aborto, l’occupazione femminile, la famiglia”.
“Nei Paesi tedeschi – riprende – si discute su come rendere sempre visibile nel plurale il femminile o il terzo genere tramite la ‘i’ interna, gli asterischi o i due punti. Qui il fatto che ogni ruolo o professione abbia il femminile è un’ovvietà. In Italia, invece, si prova a rimettere indietro le lancette della storia, purtroppo aiutati in questo da quelle donne che preferiscono essere indicate al maschile nei loro incarichi”.
“Come non dimenticare – riprende – la circolare voluta da Giorgia Meloni in cui si invitava a chiamarla il presidente del Consiglio? Adesso, con la proposta del leghista Potenti, si vorrebbe addirittura sanzionare l’uso del femminile negli atti pubblici con multe da 1000 a 5000 euro. La verità è che la lingua plasma la realtà. Una lingua che prevede l’uso del femminile solo per i lavori più semplici e mai per le funzioni apicali, le professioni e i ruoli di vertice, la dice lunga sul modello di società che si ha in mente. Ma a destra questo fingono di non volerlo capire”.
“Dopo la valanga di polemiche, la Lega è costretta a chiedere il ritiro della proposta al senatore Potenti. Prevedere una multa per chi utilizza il genere femminile nei ruoli pubblici e negli atti ufficiali non è piaciuta al partito di Matteo Salvini. Questa volta la propaganda è andata male, ma resta la natura retrograda e discriminatoria sul ruolo delle donne, sia in ambito pubblico che professionale”. Lo ha detto la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, Aurora Floridia.
Resta sempre lo sconcerto su come sia possibile anche solo concepire simili iniziative, che cancellano anni e anni di lotta per la parità di genere. A questo conducono le posizioni antistoriche, anacronistiche, ideologiche e discriminatorie che la Lega di Salvini ha ormai da anni deciso di abbracciare per solleticare le parti più istintive del Paese, senza curarsi delle possibili conseguenze. Un loro senatore si è sentito autorizzato a vietare per legge l’uso del femminile, e il partito è dovuto intervenire per disconoscerlo. Ma raccolgono solo quello che hanno seminato. La Lega cessi le sue crociate contro i diritti delle donne, delle persone LGBT, dei migranti. La smetta di disumanizzare le persone e provi a fare politica, anzichè ideologica propaganda. Magari recupera pure qualche voto”. Lo scrivono in una nota le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino.
Altro che femminile ‘sovraesteso’, ora la Lega chiede di dire basta all’uso scritto, negli atti pubblici, di parole come ‘sindaca’, ‘questora’, avvocatessa’ e anche ‘rettrice’. L’uso del femminile, chiedono dal partito guidato da Matteo Salvini, va abolito per legge: almeno nei documenti si scriva solo ‘sindaco’, ‘questore’, ‘avvocato’ e ‘rettore’. Senza tener conto dell’identità di genere di chi ricopre quel ruolo, sia un uomo o una donna. E per chi non si adegua spunta la sanzione, con una multa prevista fino a 5mila euro. Il leghista Manfredi Potente, senatore della repubblica, ha appena presentato il suo disegno di legge (titolo: ‘Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere’) con l’obiettivo dichiarato di “preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”.
Al successivo art. 3 si pone il “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovraesteso od a qualsiasi sperimentazione linguistica“, ricordando che “è ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista”. Nel finale art. 4 (Sanzioni) si legge come “la violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro”.
In premessa, viene ricordato dal senatore toscano, come l’ateneo di Trento abbia introdotto l’utilizzo del cosiddetto ‘femminile sovraesteso‘ per le cariche e i riferimenti di genere, ovvero “che i termini femminili usati si riferiscono a tutte le persone”, come si legge in un documento dell’università, citato nel testo di legge. “Con la conseguenza -sottolinea il leghista- che, ad esempio, si è utilizzato ‘rettrice’ anche per l’incarico di rettore rivestito da un uomo”. Quanto basta per arrivare alla legge di tutela della nostra lingua.
“Vogliono cancellare l’esistenza delle donne dalle professioni, impedendo per legge la declinazione al femminile dei ruoli ricoperti da donne. Con tanto di multa fino a 5.000 euro per punire chi, negli atti pubblici, usa correttamente la lingua italiana declinando ruoli e cariche al femminile. Un distillato di stupidità, ignoranza e misoginia. Solo la Lega di Salvini e Vannacci poteva arrivare a tanto”, è la reazione di Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.