Salvo per una manciata di voti. Quelli della Lega Nord di Umberto Bossi. Montecitorio ha detto no all’arresto di Marco Milanese con soli tre voti in più rispetto a quelli che servivano: i contrari all’arresto sono stati 312, la maggioranza richiesta era di 309. I favorevoli a concedere l’autorizzazione alla custodia cautelare in carcere del deputato, ex braccio destro del ministro Tremonti, si sono fermati a quota305. Inrealtà sono stati 306, perché il voto del vicesegretario del pd Enrico letta non è stato registrato per un errore tecnico. Silvio Berlusconi è soddisfatto a metà per il risultato che, almeno per ora, salva il Governo. Immaginava uno scarto maggiore tra i favorevoli e contrari all’arresto del deputato a dimostrazione dei malumori che serpeggiano nella sua maggioranza. Il commento fatto dal premier nel momento in cui il presidente della Camera Gianfranco Fini legge il risultato lascia trasparire tutto il suo malcontento. “Ma sono solo sette voti…”, ha detto un incredulo il presidente del Consiglio rivolgendosi al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, come si legge dal labiale in un video della seduta pubblicato su Repubblica.it. Una affermazione che riassume tutta la difficoltà politica che ora sta vivendo la maggioranza: se la Lega non avesse votato compatta contro l’arresto di Milanese il presidente del consiglio non avrebbe più avuto la maggioranza alla Camera e sarebbe stato costretto a dimettersi. Mancavano dei deputati, alcuni assenti giustificati, ma Silvio Berlusconi sa che oggi alla Camera ha suonata un campanello d’allarme per la tenuta del suo Governo.
Sette franchi tiratori. La maggioranza tira un sospiro di sollievo ma deve fare i conti con sette deputati del centro destra che non hanno seguito la disciplina di partito. Secondo i tabulati delle votazioni, i franchi tiratori che hanno votato con le opposizioni per l’arresto sono appunto sette. Il dato emerge analizzando le presenze dell’aula: l’opposizione schierava 299 deputati, mentre i sì all’arresto sono stati 306.
Gli assenti. Tra i banchi del governo ci sono stati dei vuoti abbastanza vistosi a dimostrazione del disagio che c’è nel Pdl. I banchi della maggioranza, altro segno di malessere, non erano al completo. Mancavano otto deputati: sei del Pdl, uno della Lega, uno di Noi sud. E non tutti erano assenti giustificati. Giustificato sicuramente Alfonso Papa, che è agli arresti a Poggioreale, mentre i ministri Giulio Tremonti e Franco Frattini erano in missione all’estero (ma Tremonti ha probabilmente deciso di non esserci per evitare imbarazzi). Gli altri tre assenti sono Pietro Franzoso, Giuseppe Angeli e Nicolò Cristaldi. Nei banchi della Lega non c’era invece Alessandro Montagnoli, in quelli di Noi sud Antonio Gaglione. Due gli assenti tra i banchi dell’opposizione: l’Udc Antonio Merlo e l’esponente del Fli Mirko Tremaglia, da tempo molto malato.
La Lega salva Milanese. La differenza tra Marco Milanese (salvato) e Alfonso Papa (mandato in carcere) l’hanno fatta 29 deputati. Lo scorso 20 luglio questo nutrito gruppetto di deputati ha votato per l’arresto in carcere di Papa oggi si sono schierati per salvare Milanese. A luglio i deputati che votarono per negare l’arresto furono 293 (e non furono sufficienti perché i sì furono 319). A salvare l’ex braccio destro di Tremonti sono stati i deputati leghisti che l’altra volta decisero di scaricare Papa.
Bossi e Berlusconi. Questa volta Bossi e la Lega mantengono il patto con Berlusconi e votano contro l’arresto di Milanese. Una lealtà a tempo, però. “Lo avevo detto che la Lega non avrebbe fatto cadere il governo. Abbiamo dimostrato di essere alleati leali”, dice Umberto Bossi commenta l’esito del voto. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi era nell’aula della Camera per prendere parte al voto sull’autorizzazione all’arresto del deputato del Pdl. Il premier non ha rilasciato dichiarazioni ai giornalisti tranne pochissime battute. Soddisfatto del voto? “Sì. Ma non rilascio dichiarazioni”. Ma sull’assenza in aula del suo ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, dice quasi stizzito “Altra domanda…”, a dimostrazione che le cose non vanno bene nella maggioranza.