Il disegno di legge Zan prevede aggravanti specifiche per i crimini d’odio e discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili e sta facendo nascere diverse e accese discussioni nel mondo politico, ma anche nel dibattito pubblico.
I punti del disegno di legge sono ben definiti: il principio che guida tutti gli articoli è quello della ‘prevenzione e del contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’. Il testo comprende anche delle dovute precisazioni, per evitare interpretazioni errate: per ‘sesso’, ad esempio, si intende il sesso biologico o anagrafico (ovvero quello con cui si nasce); per ‘genere’, invece, si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona, che sia ‘conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso’: si tratta dunque della tutela della libera espressione individuale, a prescindere dalle aspettative della società.
Al termine ‘orientamento sessuale’, per cui si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi. Per ‘identità di genere’, infine, si intende il genere che ciascuno sente di avere, anche se non corrisponde al sesso di origine: questo vale a prescindere dall’aver concluso o meno un percorso di transizione, ovvero di ‘cambiamento’ del proprio sesso.
Il disegno di legge prevede il via libera ai centri antidiscriminazione e a una giornata nazionale contro l’omofobia. Quest’ultima, in particolare, da celebrare il 17 maggio, avrebbe una finalità educativa anche nelle scuole elementari, con attività mirate a promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e a contrastare i pregiudizi.
Tra i punti più problematici il comma d) dell’articolo 1 sul significato di ‘identità di genere’, che recita così: ‘L’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione’. Per alcuni questa norma cancellerebbe il dualismo uomo-donna a vantaggio di una auto-percezione individuale, per la quale non verrebbe richiesta una forma di stabilità.
C’è poi il problema della sovrapposizione terminologica tra sesso e genere: il parametro per l’assegnazione dei diritti, previsto dalla Costituzione, oggi è infatti il termine ‘sesso’ e non ‘genere’.
‘Ognuno può fa l’amore con chi vuole, quando vuole e dove vuole. E chi discrimina e picchia va processato. Punto. E noi siamo per aumentarle queste punizioni. Però chi pensa di portare sui banchi di scuola dei bimbi di cinque, sei anni, alcune idee che spettano ai genitori, non alle associazioni, per quello che mi riguarda non ha il mio appoggio’, ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, a un presidio contro il Ddl Zan organizzato in piazza del Duomo, a Milano.
A dispetto del Parlamento il Lazio si è portato avanti rispetto al ddl Zan e, mentre ancora si discute se adottare quel testo o superarlo, alle ‘scuole di ogni ordine e grado’ sono già arrivate le ‘linee guida’ per le ‘Strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere’. Insomma, alle scuole del Lazio sono arrivate le istruzioni su come introdurre l’ideologia gender e i suoi diktat fin dalle prime classi.
Il documento con le ‘strategie’, elaborate ‘dal Servizio per l’adeguamento tra identità fisica e identità psichica (SAIFIP) dell’Azienda Ospedaliera San Camillo’, è reperibile sul sito dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio. Nell’introduzione si legge che negli ultimi anni si è assistito al ‘superamento del concetto di ‘binarismo sessuale’ che prevede l’esistenza di solo due generi (maschile e femminile), sostituito da quello di ‘spettro di genere’ secondo il quale il genere si presenta in un’infinita varietà di forme, dimensioni e tonalità’. Quindi, le scuole del Lazio si devono adeguare al gender.
Come? Dopo una dissertazione su cosa sia la ‘varianza di genere’, le strategie illustrano le ‘linee guida per la scuola’, nelle quali si legge che le ‘buone pratiche organizzative’ sono: ‘Formazione al personale scolastico e agli studenti’ sui temi della ‘varianza ed espressione di genere’; ‘Politica e modulistica che riflettano un linguaggio di genere inclusivo’, per ‘garantire che gli studenti con varianza di genere siano in grado d’identificarsi in modo coerente con la loro identità di genere’; ‘Attivazione della ‘Carriera Alias’, che ‘consiste in una modifica della carriera reale dello studente o della studentessa mediante l’assegnazione di un’identità provvisoria, transitoria e non consolidabile’; ‘Uso del nome e dei pronomi scelti’; ‘Uso dei bagni e degli spogliatoi’, mettendo a disposizione ‘del minore con varianza di genere’ un bagno/spogliatoio non connotato per genere.
Oltre alle ‘strategie’, l’ufficio scolastico regionale ha inviato a ‘tutte le scuole di ogni ordine e grado’, comprese le paritarie, anche l’avviso di un webinar che si terrà il 9 settembre su ‘Le diverse sfumature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale’. Al primo punto delle finalità dell’incontro c’è un approfondimento sull’identità di genere. Fra i responsabili scientifici e relatori ci sono gli «operatori dell’Associazione GenderLens e Agedo».
A lanciare l’allarme su quella che appare come decisa fuga in avanti è stata l’associazione Generazione Famiglia di Pro Vita & Famiglia Onlus. L’associazione, chiedendo al ministero e alla ‘politica tutta un intervento immediato e la sospensione dell’iniziativa prevista per l’inizio del prossimo anno scolastico’, ha sottolineato ‘la gravità di non essere stati nemmeno coinvolti nel decidere provvedimenti così invasivi della libertà educativa dei genitori e del pluralismo della scuola pubblica, su temi delicatissimi per i minori e le cui evidenze scientifiche sono tutte da dimostrare’.
Per una supposta inclusione di allievi con ‘varianza di genere’ – ha aggiunto l’associazione – riteniamo che in questo modo si legittimi un approccio ideologico ai gender studies nella scuola pubblica. Queste linee guida impongono in modo totalitario una visione antropologica azzerando tutte le altre. Sono queste le iniziative contro l’omofobia che il ddl Zan, se approvato, imporrebbe in tutta Italia?.
L’allarme di Generazione Famiglia e ProVita è stato raccolto Chiara Colosimo di FdI e Simona Baldassarre della Lega. Entrambe le consigliere regionali hanno chiesto conto dell’iniziativa al governatore Nicola Zingaretti. ‘Arrivati a questo punto, dovremmo chiedere delle linee guida anche per rispettare il diritto di ogni bambino ad essere maschio o femmina’, ha detto Baldassarre, parlando di ‘prove tecniche di ddl Zan’. Mentre Colosimo ha ricordato che ‘in Svezia e in Inghilterra, un’iniziativa simile è già stata delegittimata e bocciata in quanto ritenuta non idonea per bambini di età scolastica’. ‘Ci auguriamo che anche il Lazio, quindi, quanto prima ritiri queste linee guida, abbandonando questo approccio puramente ideologico e apra – ha concluso l’esponente di FdI – un dibattito medico e scientifico’.
L’imposizione di linee guida senza confronto ed approvazione parlamentare, senza ‘ascolto’ si può definire, e senza ombra di dubbio, ‘fascista…’.