Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da James Hansen il seguente articolo:
Un problema con il pessimismo della nostra epoca è che ogni rischio professionale venga percepito come “mortale”, anche quando non ne muore nessuno. La prudenza obbliga, beh, alla prudenza.
La moto raffigurata qui sopra nel blu “da corsa” francese è la “Majestic” del 1929. Fu disegnata e costruita in serie da Georges Roy. Nato nel 1888, Roy era un ingegnere e industriale francese che aveva avuto successo nel campo dei macchinari per il cucito e la maglieria. Era anche follemente appassionato di moto. Buttò ogni cautela al vento per costruire e lanciare il suo sogno, convinto com’era che le due ruote – perlopiù concepite all’epoca come un prodotto per chi non poteva permettersi un’auto – potessero invece diventare un degno mezzo per l’élite.
Era anche uno che si intendeva dei nuovi (di allora) metodi di produzione, come lo stampaggio, e decise di applicare la tecnica a un tipo di mezzo che convenzionalmente veniva costruito come se fosse una sorta di bici rinforzata. Il disegno portò inoltre tutte le stigmate dell’Art déco, il nascente minimalismo futurista che stava superando le forme più “organiche” dell’Art nouveau.
Il risultato era magnifico e molto ammirato – ma non trovò un grande mercato. I ricchi andarono avanti con la limousine e l’autista e i meno ricchi continuarono ad acquistare i mezzi che potevano permettersi. Si trattò di un vicolo cieco del design, destinato ad essere a breve dimenticato. Il sogno di Roy non fu un successo, ma per qualche anno dimostrò come la moto avrebbe potuto essere molto di più di uno strumento utilitario e brutale per spostare le masse tra casa e lavoro…
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