Non c’è solo il manuale Cencelli nelle prime ‘azioni’ di Mario Draghi. Il neo presidente del consiglio ha dato prova di saperlo maneggiare con grande ‘astuzia’. La prova è nella composizione della squadra di governo, frutto di un equilibrismo da vero politico. Che solo un vero politico poteva mettere in campo. Perché Mario Draghi è più politico di quanto possa pensarsi e conosce e pratica la politica meglio di tanti personaggi che si auto etichettano politici. L’esperienza tra Banca d’Italia e Bce vale decenni di attività parlamentare. E come naturale che avvenga in questi contesti, cambio di inquilino a palazzo Chigi, entra in scena anche lo spoil system. Una pratica che da americana sta diventando molto italiana. Solo che nel Bel Paese viene praticata male perché si cerca sempre di favorire parenti ed amici, in barba alla professionalità. E non sembra sfuggire a questa logica il nuovo esecutivo. Ma con una peculiarità, sempre italiana: alcune decisioni sembra che vengano ‘suggerite’ dall’Europa. Il neo presidente del consiglio, sembra, che abbia dovuto digerire due grossi rospi sponsorizzati del commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni. E quindi dall’onnipresente Pd che riesce a piazzare propri uomini nei posti più importanti nelle decisioni politiche: Palazzo Chigi e gestione del Recovery Found. L’ex presidente del consiglio dall’Europa, sembra, che abbia sollecitato la nomina di Antonio Funiciello a capo di gabinetto di Mario Draghi e soprattutto della cognata Alessandra Dal Verme posta nel maggio del 2019, dall’allora ministro Giovanni Tria, a capo del nuovo dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze che si occupa di investimenti. Insomma l’anello di congiunzione tra politica ed economia per gestire i fondi del recovery plan. Nonostante la professionalità della Dal Verme c’è un indubbio problema di incompatibilità e necessità ‘politica’ visto il rapporto di parentela che la lega con il commissario Ue. La dirigente della nuova potente struttura del Mef, infatti, dovrebbe occuparsi degli investimenti, finanziamenti soprattutto dall’Ue , che porterebbero la firma del cognato: un caso unico in Europa che può creare più di un imbarazzo a Mario Draghi. Ma il neo premier ha anche altri problemi da risolvere e sempre sul versante Mef. Da quanto si apprende il neo ministro dell’Economia, Daniele Franco, dopo aver firmato la sua nomina al cospetto del presidente della repubblica, Sergio Mattarella, ma prima che l’esecutivo avesse ricevuto la fiducia da entrambe le Camere avrebbe contatto alcuni direttori di agenzie nazionali che dipendono dal Mef per comunicazioni di servizio. In questi incontri, sembra, che si sia parlato del nuovo corso dell’esecutivo ma soprattutto di spoil system: ovvero il nuovo capo dell’economia italiana, uomo di fiducia di Mario Draghi, prima di ricevere l’ok dal Parlamento, avrebbe fatto capire che si sarebbe proceduto alla sostituzione o, quanto meno, ad una rimoludazione dei direttori che dipendono dal ministero. Anche in questo caso entra in scena il manuale Cencelli. Ma non basta: la sostituzione di un direttore di una agenzia deve passare attraverso il consiglio dei ministri: deve essere votata da tutti i ministri. E qui entra in scena la politica. E tutti si chiedono cosa farà il neo presidente del consiglio. Seguirà la linea ‘azzardata’ del suo fidato ministro dell’Economia o attraverserà le forche caudine della sua maggioranza politica? Sicuramente non era ciò che voleva Draghi e che aveva chiesto da subito ai suoi ministri.
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