Fino al 19 presso il teatro Brancaccio andrà in scena “Tango del calcio di rigore” di Giorgio Gallione con Neri Marcorè, Ugo Dighero e Rossana Naddeo affiancati da Fabrizo Costella ed Alessandro Pizzuto per la regia dello stesso Giorgio Gallone. Tutti accompagnati dalle splendide musiche Paolo Silvestri e dalle azzeccatissime ed originali scenografie di Guido Fiorato.
Tango del calcio di rigore è il racconto di un bambino, della sua passione per il “futbol”.
Non si può spiegare ad un bambino chi sia Videla, Licio Gelli, i narcos colombiani e neanche chi siano le Madri di Plaza de Mayo o Pinochet. Non può neanche immaginarlo.
Invece il calcio per un bambino è favola, magia, mito, eroiche epopee, è il racconto surreale di uno zio che ricorda di un inverosimile mondiale tra immigrati in Patagonia arbitrato dal figlio del cowboy Butch Cassidy che al posto del fischietto spara colpi di pistola. Storie di strampalati oriundi e di donne che si fingono uomini per giocare al calcio.
L’incantesimo è destinato a svanire presto.
Ed ecco che bambino non è più bambino; ora adulto ripercorre il passato con lo sguardo disillusoLa finale del mondiale in Argentina assume un significato diverso, ora sa chi è Videla ora sa del sangue e dei dolori del popolo argentino. Quella finale non è più la festa che ha sempre ricordato. Ora sa chi sono le madri di Plaza de Mayo. Nessuno più può nascondergli che a quel mondiale nessuno avrebbe dovuto partecipare.
Il calcio ai suoi occhi si trasforma in potentissimo strumento di potere ed oppressione, non più favola, mito ma principalmente propaganda politica. Francisco Valdes da idolo calcistico muta in uomo dilaniato dai rimorsi. Davanti alla tomba di Neruda si pente per non aver avuto il coraggio di rifiutare e quindi di essersi ritrovato, nonostante non volesse, pedina in mano alla propaganda di un dittatore; costretto a giocare e fare goal durante un match farsa senza avversario dentro uno stadio che fino a poche ore prima era stato un mattatoio per dissidentiLa guerra del football tra Salvador e Honduras, l’omicidio dell’arbitro Alvaro Ortega per mano dei narcos colombiani. Ma soprattutto quel maledetto mondiale che non dobbiamo festeggiare ma che abbiamo la responsabilità di dover ricordare.
Marco Marassi