La morte di Mikhail Sergeevic Gorbaciov, uomo della perestroyka, ultimo segretario del Partito comunista sovietico

La morte di Mikhail Sergeevic Gorbaciov, uomo della perestroyka, ultimo segretario del Partito comunista sovietico, il primo e unico presidente dell’Unione Sovietica, il premio Nobel per la Pace, è un perfetto indicatore della distanza politica, psicologica e morale che ormai si è aperta tra l’Occidente e la Russia. Il vecchio leader morto a 92 anni è  il volto di una stagione di distensione internazionale, di dialogo e di disarmo

Gorbaciov tentava di riformare l’Urss per renderla pacifica ed efficiente, facendola uscire dalla stagnazione politica e dalla crisi economica.

Gorbaciov, diventato segretario generale del Pcus a soli 54 anni nel 1985, nel 1986 riabilitò il dissidente Andrey Sakharov, altro premio Nobel per la Pace, e lo liberò dall’esilio nella città chiusa di Gorky a cui era stato condannato nel 1980. Fu con Gorbaciov che le vittime delle repressioni staliniane poterono essere finalmente censite, ricordate e onorate, e grazie a lui nacquero le molte associazioni che si assunsero quell’arduo impegno.

Tutti ricordano le grandi parole d’ordine dei sei anni (1985-1991) della stagione gorbacioviana: perestroyka e glasnost’. La prima  alludeva alla riforma dei processi economici interni. Già nel 1988, infatti, Gorbaciov lanciò la sua riforma più clamorosa, la Legge sulle Cooperative che di fatto reintroduceva la proprietà privata nell’Urss, aprendo una piccola ma decisiva porta sull’economia di mercato. La Russia del secondo decennio di potere di Vladimir Putin ha imboccato la strada opposta. Sempre più Stato nell’economia. Non solo per quanto riguarda l’estrazione e vendita all’estero di gas e petrolio, risorse decisive per il Paese, completamente controllate dalle aziende pubbliche. Ma anche nella vita quotidiana dei cittadini: è stato calcolato che il 40% dei russi dipende, per la qualità della vita, dalla spesa pubblica, per una quota che arriva fino al 40% del reddito delle famiglie. Glasnost’, invece, si riferiva alla trasparenza dei processi interni, in sostanza al tasso di democrazia nel rapporto tra Stato e cittadini. Gorbaciov fu sempre fedele a questo obiettivo, tanto che nel 1990, quando divenne Presidente dell’Urss, fu eletto da un Parlamento per la prima volta multipartitico ed eletto in modo democratico. Nella Russia attuale avviene il contrario: Vladimir Putin è un leader tuttora sostenuto dai russi ma la Costituzione è stata cambiata per consentirgli, di fatto, di restare al potere a vita.

Gorbaciov era convinto che per cambiare il suo Paese e garantire un futuro migliore ai russi bisognasse trovare un accordo con l’Occidente, per mettere fine a una Guerra Fredda che per l’Urss significava, tra l’altro, un enorme spreco di risorse in armamenti. Ecco allora, in un solo anno, il 1989, due decisioni di portata storica: il ritiro dall’Afghanistan e l’abbandono del Muro di Berlino, che inauguravano una serie di accordi internazionali tesi alla fine della tensione tra i blocchi e al disarmo. Oggi avviene l’esatto contrario: tensione alle stelle, riarmo e addirittura guerra in Ucraina, nella terra di confine tra Russia ed Europa.

Sono gli anni in cui si tenta di tirare fuori l’Urss da un isolamento economico e politico che secondo Gorbaciov avrebbe portato la potenza a crollare per sempre. Prova quindi a dare respiro al sistema produttivo, a rinnovare la classe politica, a rendere l’informazione più libera. Riabilita molti dissidenti politici e incontra sempre più spesso i leader mondiali, anche gli americani: prima Reagan e poi Bush, con i quali firmerà gli storici accordi contro la proliferazione delle armi nucleari. Per i media occidentali diventa “Gorby”

Con Gorbaciov cambia l’assetto politico sovietico. È sua l’idea di portare nell’Urss il sistema presidenziale, guidato da un presidente eletto dal Congresso invece che dal segretario del partito. Nel 1989 ci sono le prime elezioni che si possono definire “libere”, nel 1990 Gorbaciov viene nominato presidente

Intanto sta cambiando il mondo: nel 1989 crolla il muro di Berlino, lo stesso dove oggi Gorbaciov è raffigurato in un murales mentre bacia Erich Honecker, ex capo di Stato della Repubblica Democratica Tedesca. Nel 1990 diventa il primo leader sovietico a volare in Vaticano e a incontrare un Papa. Poi va anche a Pechino: Cina e Urss si riavvicinano dopo decenni di gelo. Lo stesso anno vince il Premio Nobel per la Pace

Nell’agosto del 1991, poco prima della firma di un trattato che avrebbe dovuto istituire una comunità di stati sovietici indipendenti – sempre Urss, ma meno centralizzata – Gorbaciov si trova in vacanza in Crimea. Sono i giorni del Putsch di agosto, un tentato colpo di Stato messo in piedi da alcuni membri del governo sovietico che mal sopportano l’idea di Paesi semi-indipendenti

Il golpe fallisce ma il tramonto dell’Urss è ormai iniziato: nel dicembre del 1991 i capi di Russia, Bielorussia e Ucraina la dichiarano dissolta. Nasce la Comunità degli Stati Indipendenti. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov si dimette da presidente dell’Urss e dichiara lo stesso ufficio abolito. Un giorno dopo l’Urss non esiste più

Mikhail Gorbaciov, ovviamente, non era un santo, vedi la repressione violenta nei Paesi baltici, nel 1991, e in particolare in Lituania,  una macchia nella sua storia,  e nemmeno incapace di errori, per esempio, fidarsi dei “vecchi” dirigenti che poi, nel 1991, organizzarono il golpe. Gorbaciov era un leader che ci aveva fatti sperare in un mondo in cui Occidente e Russia potessero non solo tollerarsi ma addirittura collaborare.  Oggi, alla luce degli ultimi eventi, possiamo dire che Gorbaciov è stato null’altro che l’incarnazione di un sogno…

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