Pietro Treccagnoli pubblica il libro ‘La pelle di Napoli’ con ‘Cairo Editore’ nel quale raccoglie gli articoli scritti tra il gennaio 2014 e maggio 2015 per il ‘Il Mattino’, accompagnati da foto e video di Sergio Siano e Gennaro Di Biase. Il libro è stato presentato a Napoli alla ‘Feltrinelli’ di piazza dei Martiri. Con l’autore il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, e il direttore del ‘Mattino’, Alessandro Barbano. Moderatore il presidente dell’Ordine regionale dei giornalisti, Ottavio Lucarelli. Un libro che Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, amico di vecchia data di Treccagnoli, ha definito ‘l’anti Gomorra’, riferendosi in modo specifico alla fiction che sta avendo un grosso successo televisivo. Ho piacere di ricordare che un tempo a Napoli si sparava ‘a salve’ tra i contendenti malavitosi, e spesso si andava per ‘la val…’. Sì, furto delle valigie, come accadeva in un film di Totò’. Sto parlando anche di chi poi è diventato un boss di malavita, passando inesorabilmente per il ruolo di scafista. Ricordate gli scafi che venivano rincorsi, spesso senza successo, dalla Guardia di Finanza per impedire il contrabbando di sigarette? Il traffico di droga, leggi cocaina ed eroina, arrivò nella fine degli anni 70. A metà degli anni 70 era presente, a Napoli, un traffico di hashish e di micropunti, leggi acidi. Ma queste droghe li portavano i giovani che si recavano in Marocco ed in Olanda. Poi, la camorra fiutò l’affare e se ne impadronì. E via con centri, comunità terapeutiche ed altro. Ma è un altro discorso che non voglio fondere con il libro del collega Pietro. Ma è un punto che era importante sottolineare per far capire che Napoli non è di chi spara o vive spacciando, cose nate esclusivamente in un preciso periodo storico, come viene ritratta nella fiction ‘Gomorra’ citata. Chi legge il libro capirà che ci sono persone che, tutti i giorni, combattono contro gli stereotipi e nessun angolo è rimasto al buio durante i viaggi in giro per la città di Treccagnoli. I ‘viaggi’ partivano da un punto di un quartiere della città per seguire strade, vicoli e stradine di Napoli. E tutto per raccontarne la ‘pelle’ della città. ‘La pelle’ è un romanzo dello scrittore italiano Curzio Malaparte, pubblicato nel 1949, ambientato a Napoli e che narra dell’occupazione alleata in Italia dal 1943 al 1945. Curzio Malaparte, nome d’arte di Kurt Erich Suckert è stato particolarmente noto, soprattutto all’estero, per ‘La Pelle’, resoconto autobiografico della sua esperienza di giornalista e ufficiale durante la seconda guerra mondiale. Nel romanzo, ambientato in massima parte a Napoli, Malaparte pone in contrasto l’innocenza dei soldati americani con la disperazione e corruzione degli italiani sconfitti sollevandosi, a torto, da facili interpretazioni moralistiche del conflitto. Napoli viene trasformata in un inferno di abiezione che viene offerta con visioni di straziante orrore. Penso alle pagine che narrano di una ragazza che in un tugurio apre le gambe e lascia che i soldati, per un dollaro, verifichino la sua verginità. Donne con i capelli ossigenati e bambini seminudi, e pieni di terrore, che vengono venduti ai soldati marocchini. Null’altro rimane per sopravvivere se non vendere ‘la pelle’. Non l’anima o l’onore, la libertà e la giustizia, ma solo la ‘schifosa pelle’. Nella ‘Pelle’ Malaparte, sia chiaro, fa male alla città di Napoli. Perdonate questa mia digressione ma non trovo che sia un caso che Pietro Treccagnoli abbia titolato il suo libro ‘La pelle di Napoli’, dove offre una visione diametralmente opposta alla visione di Napoli, che oggi come ieri, viene offerta della città dai media e dai censori a buon mercato. L’autore presenta, tra l’altro, il clochard di Monte di Dio che legge Freud, o la scoperta che nei bassi, per lungo tempo abitati solo da stranieri, sono tornati i napoletani, per lo più giovani coppie appena sposate. Nel viaggio metropolitano c’è anche una Napoli contadina con le 11 colline, lontana dall’idea della città di mare, come al Paradisiello, al quartiere di Sant’Eframo, dove ognuno ha il proprio orto coltivato. Quartieri dove c’è la differenziata per necessità e molto di ciò che è ritenuto ‘monnezza’ serve per coltivare. Il libro è una guida insolita di Napoli, lontana dalle strade normalmente affollate da turisti e che mette sulle tracce della voce di una città senza tempo. ‘Volevo conoscere le persone, parlare con loro’, spiega Treccagnoli. In alcuni quartieri, come a Sant’Antonio ai Monti, dopo piazzetta Olivella, a Montesanto, ci sono ragazzi che si arrangiano vendendo panini, consegnati a domicilio, oppure lungo percorsi inediti tra la Sanità, i Quartieri Spagnoli, il Cavone o la Pignasecca, dove la gente comune vive borderline e dove gli immigrati si integrano. Un viaggio nella Napoli che pensiamo di conoscere, ma non vediamo e che ci scorre davanti come uno spettacolo scontato, dove ci sono tante camorre ognuna diversa dall’altra e dove l’onesta è sempre e solo un seme che occorre innaffiare ogni giorno. Una Napoli nella quale è difficile uscire da contesti dai quali, le stesse persone incontrate, prendono le distanze. Pietro Treccagnoli è un giornalista che scrive per ‘Il Mattino’ di Napoli, autore di altri libri pubblicati in precedenza.
Roberto Cristiano