La Procura smentisce la fake news della ‘Stampa’ sulla vendita del Milan

‘Bufera Milan, inchiesta sulla vendita’,  titola  la Stampa di Torino, dando notizia di un’inchiesta che ipotizza una cessione della società a prezzo gonfiato e il successivo rientro di una ‘cifra sostanziosa’. Ipotizzato il reato di riciclaggio.

Secondo i quotidiani, la Procura di Milano avrebbe avviato l’indagine dopo aver constatato che la vendita del Milan era avvenuta ad un prezzo di almeno 300 milioni di euro (su 720) superiore al reale valore della società. Da lì erano partite una serie di verifiche per accertare il percorso dei flussi finanziari. Infine, in gran segreto, nei giorni scorsi, i pm – scrive La Stampa – hanno avviato un’inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio.

 Una traccia, si deduce, che risalirebbe ai reali flussi di denaro partiti da Hong Kong.

Interviene nella vicenda  il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco: ‘Allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell’ A.C. Milan’. Greco spiega che sulla vendita del Milan, passato nell’aprile 2017 da Silvio Berlusconi all’imprenditore cinese Yonghong Li, al momento non esiste alcun fascicolo.

Nessun fascicolo esplorativo (a modello 45, senza titolo di reato e a carico di ignoti), nè a modello 44 e quindi sempre a carico di ignoti ma con un titolo di reato. Il procuratore capo di Milano ha affermato che l’avvocato Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere, non ha depositato in Procura per conto di Fininvest alcuna carta riguardo alla operazione e ha ripetuto di non aver ricevuto alcun dossier da parte dell’Unità Informazione Finanziaria di Banca d’Italia che ha la responsabilità dei controlli. L’Uif, ha riferito Greco, avrebbe anzi dato il via libera all’operazione non riscontrando, così come gli intermediari finanziari, alcuna irregolarità e non ha chiesto alcun intervento della magistratura milanese di procedere con il ‘freezing, cioè il blocco dei soldi’.

‘Il giornalismo d’inchiesta è uno straordinario valore che va tutelato e incentivato perché è uno dei cardini, oltre che salvaguardia, di un sistema democratico. Quando però si utilizzano false notizie non già per informare ma per aggredire e danneggiare una parte politica durante una delicata campagna elettorale, non si tratta più di giornalismo ma di fatti penalmente, civilmente e ancor prima deontologicamente rilevanti, annota Ghedini.

Il quotidiano di Torino conferma con una nota della Direzione: ‘Il quotidiano la Stampa, in merito alla vicenda della vendita del Milan,  ribadisce di aver svolto opportuni controlli circa l’esistenza di un’indagine sull’operazione, di cui è venuta a conoscenza da due fonti distinte, e pertanto conferma quanto scritto’.

Il tempo sembra passare invano per certi metodi di intendere lo scontro politico e per chi di questi metodi da vent’anni è ostinato protagonista. La falsificazione di cui si sono resi responsabili due quotidiani controllati dal gruppo De Benedetti, ‘La Stampa’ e ‘Il Secolo XIX’, lascia indignati ed esterrefatti per la sua gravità,  dichiara Marina Berlusconi in una nota diffusa da Fininvest circa il servizio pubblicato sulla vendita del Milan.

Una cifra monstre quella ufficializzata nell’aprile scorso: 740 milioni di euro, pagati in due tranche e con la copertura dei debiti. Monstre perchè fino al passaggio di proprietà, il Milan era reduce da diversi campionati deludenti, campagne acquisti sotto tono rispetto ai suoi standard, continui cambi di allenatori in panchina. Campioni venduti e sostituiti con seconde linee o giovani promesse. Da anni, l’ex Cavaliere aveva dichiarato pubblicamente di voler abdicare, ‘a malincuore’, lasciare quell’amore che gli aveva regalato molti successi sportivi, in Italia e all’estero.

Il primo a farsi sotto era stato lo sconosciuto broker thailandese, Bee Taechaubol. Addirittura 960 i milioni che l’uomo sarebbe stato disposto a versare nelle casse Fininvest. Poi, di mese in mese, la trattativa si era misteriosamente arenata dopo due anni di annunci roboanti, presentazioni in alberghi di lusso di Milano. L’advisor che seguiva il broker nella trattativa, la società finanziaria ticinese, Tax &Finance, era finita nel mirino di un’inchiesta milanese per una frode fiscale a molti zeri. Un socio fondatore era finito in carcere con l’accusa di aver creato strutture finanziarie per permettere ai propri clienti di eludere il fisco. Nelle carte della Finanza, c’era anche il nome di ‘Mr Bee’ per alcune telefonate che parlavano dell’imminente passaggio della maggioranza del Milan.

Bee, dopo un paio di comunicati ufficiali, si era eclissato senza spiegazioni credibili.

Trascorrono pochi mesi e si materializza l’attuale azionista: Yonghong Li. Nel novembre scorso, un’inchiesta del New York Times, faceva a pezzi la nuova proprietà della squadra milanese. Yonghong Li, risultava sconosciuto sia in Italia che in Cina. Non solo, secondo l’inchiesta finanziaria dell’autorevole quotidiano della Grande Mela, nemmeno le presunte attività estrattive della Guizhou Fuquan Group,  società di riferimento del finanziere cinese, avrebbero avuto questo lustro che veniva invece trionfalmente annunciato. Li ‘non risulta nemmeno tra gli uomini cinesi più importanti e ricchi’, era la chiusura del ‘pezzo’.

Che le fake news fossero uno strumento molto potente per indirizzare il parere delle persone, e dei lettori dei quotidiani, lo avevamo capito. Non è la prima volta, infatti,  che una voce  autorevole disegni,  con  un quadro tanto articolato,  una  ingerenza in una vicenda che, a valle,  può essere usata per risvolti elettorali.  Queste notizie, a dispetto di conferme e smentite, sono inventate ad arte con  l’obiettivo principale di diffondersi nei media causando sospetti in una loro  diffusione a macchia d’olio.

I processi di influenza e condizionamento in una tornata elettorale sono da sempre molteplici, e sussistono specifici fattori che contribuiscono all’orientamento del voto di un cittadino: una promessa elettorale, la straordinaria performance televisiva di un candidato, l’opinione di uno o più commentatori di fama internazionale all’interno di un talk show; il passaparola, gli stakeholder, le notizie dei giornali, i sondaggi. E sono solo alcuni esempi, che servono a certificare il carattere imprevedibile di una campagna poiché, specie in politica, le variabili che incidono sull’asse del consenso sono inquantificabili. 

Da questo punto di vista può essere importante soffermarsi sul  fenomeno delle fake news.

 Con i social il paradigma comunicativo si è invertito e  sempre più utenti in rete concorrono a diventare produttori diretti di informazione.  Strumenti come Facebook e Twitter,  editoriali in prima pagina,  giornali, tg, talk, l’informazione nel suo complesso, infiltrati dalle fake news divengono un apparato potremmo definire, senza esagere, un vero  ‘Quinto potere’.

Le fake news testimoniano una grande sconfitta del giornalismo sul terreno della verità. Laddove qualcuno fallisce, c’è sempre qualcun altro pronto a prendere il suo posto…

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