La riforma sul premierato procede verso l’approvazione in prima lettura al Senato le opposizioni annunciano ostruzionismo duro: Pd, 5S e Avs inizieranno a votare le 3mila proposte di modifica depositate dalla minoranza sarà inevitabile un muro contro muro. Marcello Pera, convertitosi al melonismo suggeriva di fermare le macchine perché ‘questo testo è difettoso’, va cambiato, ‘altrimenti rischia seri problemi di costituzionalità’.
Fratelli d’Italia, con la sponda della ministra forzista Elisabetta Casellati, ha chiuso a ogni possibilità di ritocco. Ha dileggiato il Pd: ‘Il premierato lo avevate proposto per primi voi, a partire da Cesare Salvi’. Il relatore Alberto Balboni, chiude con una provocazione: ‘Alla fine sarà il popolo a decidere se la riforma va bene: non si chiama democrazia questa? O non avete fiducia nel popolo?’.
La riforma, che prevede tra l’altro l’istituzione del premierato, cioè dell’elezione diretta del presidente del Consiglio e il rafforzamento dei suoi poteri, è stata discussa ed esaminata dalla commissione competente, quella per gli Affari costituzionali, tra la fine di novembre e la fine di aprile. L’obiettivo iniziale del governo era di approvare in prima lettura al Senato la riforma prima delle elezioni europee dell’8 e del 9 giugno.
Sarebbe stato comunque un atto simbolico, a scopo elettorale, dal momento che questa non sarebbe che la prima votazione: per i disegni di legge che modificano la Costituzione c’è bisogno di quattro successive approvazioni nelle due camere. Tuttavia il grande clamore che la riforma ha suscitato tra i partiti e tra gli esperti di diritto, unito ai ripensamenti del governo su alcuni aspetti del disegno di legge, ha fatto sì che anche l’approvazione in prima lettura in tempi utili per le europee sia ormai improbabile. Il 30 maggio, infatti, il Senato sospenderà i suoi lavori come da prassi, per consentire a tutti i partiti di impegnarsi nell’ultima settimana di campagna elettorale. I partiti di opposizione hanno presentato, come etto, circa 3.000 emendamenti. Per dilatare i tempi sono intervenuti spiegando e illustrando ogni singola proposta di modifica, sebbene sia pressoché impossibile che abbiano i numeri per approvarli.
È un tipico esempio di ostruzionismo parlamentare. Per arginarlo, la maggioranza sta valutando di ricorrere a strumenti che le permettano di stringere i tempi, per esempio imponendo una durata massima alle discussioni in aula e cassando gli emendamenti più strumentali o quelli che tra loro si assomigliano. E così, negli ultimi giorni, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha applicato alcune procedure utilizzate spesso, ma sempre un po’ controverse: il “canguro” e la “ghigliottina”, secondo i termini con cui li si indica nel gergo parlamentare.
Canguro e ghigliottina sono i due strumenti più efficaci. Col primo la maggioranza riesce a cassare in maniera agevole un gran numero di emendamenti delle opposizioni; col secondo, invece, stabilisce una durata massima della discussione su un certo provvedimento, oltre la quale il dibattito dell’aula viene interrotto e si procede al voto. Giovedì pomeriggio, durante una conferenza dei capigruppo, cioè la riunione coi presidenti dei gruppi parlamentari, La Russa ha annunciato che il tempo verrà contingentato, e che l’esame del disegno di legge costituzionale dovrà di fatto concludersi entro il 18 giugno.
C’era stato già un primo accenno di procedure accelerate, raccontato dal capogruppo del Partito Democratico Francesco Boccia. «Con quattro voti, sono stati cangurati 35 emendamenti», ha detto, facendo riferimento allo strumento con cui tipicamente la maggioranza condensa le votazioni sugli emendamenti: il canguro, appunto. In verità non è previsto esplicitamente dal regolamento del Senato, che l’ha invece mutuato dalla Camera. Per una di quelle frequenti bizzarrie connesse alle procedure parlamentari, però, solo il Senato lo può utilizzare durante la discussione delle riforme costituzionali.
La Camera prevede l’uso del canguro al comma 8 dell’articolo 85 del suo regolamento, il quale dice che se ci sono tanti emendamenti tra loro simili che variano per piccoli aspetti lessicali o formali, o che propongono analoghe modifiche ma magari con cifre e date diverse, il presidente può mettere in votazione quello che più si discosta dal testo originario del provvedimento in discussione, e considerare «assorbiti» gli altri. È uno strumento pensato apposta per snellire le procedure di voto e disinnescare le tattiche dilatorie: a volte infatti i partiti presentano emendamenti strumentali o provocatori, altre volte ne producono una gran mole con minime variazioni, col solo obiettivo di tirarla in lungo e complicare la vita al governo.
Il Senato italiano, che non ha invece un regolamento che contempli esplicitamente l’uso del canguro, ne ha adottato l’uso dal luglio del 1996, quando il presidente Nicola Mancino lo mutuò dalla Camera come una sorta di implicita integrazione al comma 4 dell’articolo 102 del regolamento, secondo cui «il presidente ha facoltà di modificare l’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse». Questa decisione creò col tempo dibattiti e controversie: anche perché nel settembre del 1997 la Camera modificò il suo regolamento specificando che il canguro non può essere applicato alla discussione dei progetti di legge costituzionali. Cosa che invece al Senato hanno continuato a fare: nel 2002 e nel 2004, per esempio, quando il presidente Marcello Pera lo applicò alla riforma costituzionale che assegnava maggiori poteri alle regioni e che, tra le altre cose, introduceva il premierato. Una riforma che non entrò mai in vigore, bocciata dal referendum nel 2006.
In ogni caso, stavolta il canguro potrebbe non garantire alla maggioranza di destra un’approvazione agile della riforma costituzionale. I collaboratori di La Russa hanno stimato che, pur applicandolo, sopravviverebbero comunque più di mille dei circa 3.000 emendamenti presentati dalle opposizioni. Per questo il presidente del Senato ha deciso di ricorrere alla cosiddetta “ghigliottina”. Con questo strumento viene indicato in anticipo un termine per l’esame del provvedimento e, arrivati a quel momento, se la discussione e il voto degli emendamenti non sono conclusi, si interrompe tutto e si procede al voto del testo originario. La ghigliottina è stata introdotta al Senato (articolo 78, comma 5 del regolamento) per garantire che i decreti-legge vengano convertiti in legge in tempo utile, quindi entro sessanta giorni dalla loro approvazione da parte del governo. Ma si usa comunemente anche per altri provvedimenti, che nel giudizio della presidenza del Senato devono essere approvati entro una certa data.
La ghigliottina viene spesso impropriamente confusa con la “tagliola”, che è invece una procedura prevista dal solo regolamento del Senato (articolo 96), in base alla quale la discussione di un intero provvedimento può essere accantonata per almeno sei mesi. In pratica, prima che l’aula inizi a esaminare i vari articoli di un disegno di legge, un senatore può chiedere che non si proceda affatto all’esame del provvedimento: se l’aula approva questa proposta, il disegno di legge decade. Successe per esempio nell’ottobre del 2021 col disegno di legge Zan contro l’omotransfobia: in quel caso Calderoli e La Russa chiesero appunto di non procedere all’esame del provvedimento, e la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati acconsentì a che si votasse a scrutinio segreto. Approfittando dell’anonimato, vari esponenti del PD, del gruppo Misto e di partiti centristi votarono a favore della tagliola sul ddl, che così di fatto venne accantonato.