Per battere i militanti della Jihad non serve solo l’impegno militare, ma bisogna andare oltre lo scontro bellico, si deve acquisire la consapevolezza storico-culturale che mette alla prova l’islam e l’Occidente.
Rispetto alla quasi inerzia di alcuni mesi fa’ la determinazione nella lotta agli uomini del Califfo,al Baghdadi, sembra aver fatto enormi passi avanti.Ma passare da un atteggiamento passivo ad una prematura euforia, sarebbe un errore strategico, per molti motivi che in questi giorni,spesso, si tende a sottovalutare. Lo scontro militare, in primis, non è ancora risolto e nasconde risvolti politici decisivi.In Libia la conquista di Sirte rappresenterebbe senz’altro un successo del governo di unità nazionale e degli stati che lo hanno appoggiato(in testa l’italia). Ma permarrebbe il problema più delicato della stabilizzazione interna. Sconfitto l’Isis a Sirte quali saranno i rapporti tra i miliziani di Misurata che hanno condotto l’offensiva e le forze del generale Haftar che da Bengasi sembrano aver contribuito in minima parte all’impresa in corso? Ne scaturirà accordo, guerra civile, oppure una separazione che costituirebbe la premessa per una divisione del Paese, con grande gaudio per gli egiziani e forse anche per i francesi e i britannici? In Iraq la battaglia per la presa di Mosul sarà dura e la divisione tra curdi, sunniti e sciiti è già in atto. In Siria, invece, si gioca la partita decisiva, perché è là che l’Isis vince o perde. E’ a Damasco dove è in atto una vera competizione tra russi e americani, quando le due potenze riunite ad un tavolo diplomatico dovranno decidere chi comanderà nel Paese. Per battere l’Isis, non basta il solo impegno militare e di sicurezza non serve, ma bisogna andare oltre la scontro bellico, si deve acquisire la consapevolezza storico-culturale che mette alla prova l’Islam e l’Occidente.La fallita modernizzazione del mondo arabo, dopo gli errori commessi dal colonialismo, il doppio gioco dell’Arabia Saudita, la Turchia che non vede al di là dell’eterno scontro con i Curdi, la lotta tra sunniti e sciiti , condita dagli errori delle potenze occidentali, sono soltanto alcune delle cause che hanno favorito il ritorno ed il rafforzamento dell’ala più radicale della jihad. Antioccidentali e antisciiti certo, ma soprattutto nemici di una modernità che pure utilizza a propri fini sulla rete, nemici di ogni forma di tolleranza, di libertà, di una vera interpretazione del Corano. Questo estremismo unito ad una barbarie sapientemente pubblicizzata, esercita un fascino perverso su molti giovani occidentali e prima ancora su intere fasce di popolazioni arabe-sunnite. E’questa la battaglia culturale e politica da combattere e che deciderà chi veramente avrà vinto. Lo sforzo più grande è quello di rifondare nei quartieri islamizzati di molte capitali europee, valori e speranze che oggi appaiono fragili difronte alle sirene del martirio identitario. Il lavoro, l’assistenza sanitaria, l’educazione civica, sono quelle piccole grandi cose che possono uccidere l’Isis, per mancanza di reclute. Il mondo arabo denuncia un grande ritardo e talvolta un’ambiguità, davanti a traguardi tanto impegnativi. L’Occidente nel frattempo, si illude e si compiace dell’arretramento militare dei seguaci del Califfato, anche se solo il tempo dirà chi vincerà davvero. E’ giusto e saggio preoccuparsi davvero.