La sfida tra il “Riformatore” ed il Federatore avrà conseguenze inevitabili sull’intero sistema partitico e politico.

La sfida tra Renzi ("Riformatore") e Bersani (Federatore) avrà conseguenze inevitabili sull'intero sistema costituito dalle forze parlamentari presenti in Parlamento. Sul fronte delle alleanze, la vittoria di Renzi determinerebbe l'allontanamento di Vendola su cui Bersani ha puntato per arginare la deriva centrista imposta dal sindaco di Firenze per conquistarsi il consenso dei delusi dell'ormai fu PDL, mentre rispetto ai rapporti con i partiti esistenti e con quelli in via di formazione, Bersani si pone nella posizione di grande federatore, continuando a tessere le tele per portare dalla sua parte Casini ed alcuni gruppi di parlamentari usciti dalle formazioni politiche in cui sono stati eletti e che cercano di accreditarsi quali depositari di una non ben ancora identificata area moderata. Da questo quadro emerge in modo inequivocabile che tra i due maggiori contendenti, c'è una differenza sostanziale rispetto alle strategie poste in campo. Renzi, per quanto si definisca rottamatore, resta fedele ad uno schema ormai, per l'attuale situazione politica, improponibile, cioè quello di raggiungere una maggioranza tale che gli permetta di governare da solo. Bersani, invece, ci sembra più realista: è convinto che a causa della grave crisi economica, politica e morale in cui versa attualmente il Paese, sia oppurtuno cercare alleanze più ampie possibili all'interno di uno schieramento partitico che anche dopo le elezioni resterà inevitabilmente frammentato. Queste diverse strategie poste in campo avranno anche ripercussioni inevitabili all'interno dello stesso PD. Cosa succederà, infatti, all'esito del responso delle urne in  caso di vittoria di Renzi e dei sui seguaci? Nulla cambierebbe in merito al programma politico del partito, tenuto conto che tra i due non ci sono sostanziali differenze in ordine alla visione programmatica, ma sul piano degli assetti interni, il sindaco rottamatore procederà ad una vera e propria epurazione, mettendo alla porta politici illustri e di grande esperienza che hanno reso grande il Partito. Ma in caso di sua vittoria il partito sarà disposto a seguirlo e a fare a meno dei suoi più autorevoli dirigenti? O saremo alle solite, con faide interne e scissioni con la formazione di corpuscoli politici, che aumenteranno di più la frammentazione a vantaggio dell'antipolitica e di tutta quelle forze eversive che stanno tentando in Europa di sottrarre la sovranità ai singoli stati? Certo a destra si augurano che il Pd segua le stesse sorti del fu PDL.  

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