LA SOGLIA DA OLTREPASSARE, di Roberto Cavallini e Barbara Lalle

“Il lato oscuro del desiderio” è il lato lungo il quale l’insondabilità del nostro desiderio si spinge oltre i confini delle norme, sia individuali che sociali, oltre il nostro stesso immaginario.

Ognuno di noi è un’unità inscindibile di natura e cultura, ognuno di noi è un’unità inscindibile di carne e di intelletto, ognuno di noi è una unità di desiderio come di scoperta di sé, come di appagamento di sé.

Ciò avviene attraverso un lungo itinerario di definizione e ridefinizione continua della propria identità.

Un itinerario che pone noi stessi alla ricerca di un’autenticità attraverso il confronto con l’altro, sia esso individuale che collettivo, sia sociale che politico.

Il confronto è, al tempo stesso, scontro e incontro con l’altro, necessità di accettare e accettarsi. Il confronto è asperità di rapporti, che sono sempre di potere, dove si confondono e sovrappongono il dolore con il piacere, il sogno infantile con il mondo che riflette la nostra immagine non accettata o amata, singola e molteplice, dove i confini dei ruoli tra dominatore e dominato non sono definibili secondo uno schema binario, ma ricercati nella fusione voluttuosa delle implicazioni, nell’alternarsi dei ruoli oltre il prestabilito, consapevole o inconsapevole.

E’ attraverso il “Buco della serratura” che si intravedono squarci di relazioni intime, passi a due, dialoghi, lotte, dinamiche geometriche che si ripetono implacabili, immutate o invertendo ruoli … danza di demoni: la bellezza che mi dai non ha prezzo… Io non mi farei mai fare quello che tu accetti da meLa stanza “In Vetrina” ha un aspetto di sincerità e di lotta (forse già vinta con se stessi) con la propria immagine di natura diametralmente opposta alla stanza de “La Chat” dove fattezze, sembianze, voci sono cancellate e sostituite dalla parola scritta, breve, sintetica, vomitata da una elaborazione cerebrale binaria, elenco e prolusione di dolori, castrazioni, euforia, eccitazione, senso di inadeguatezza, tutto e il suo contrario, nel tempo celere e compattato dell’era tecnologica, alla quale si risponde liberandosi dai condizionamenti di una socialità occulta: Ma chi cazzo sei?

Nella stanza della “Schiavitù consensuale”le corde che contengono i corpi, nodo su nodo, sono la versione intima e sensuale, desiderata e scelta ma celata nel privato perché giudicata perversa, di una schiavitù di ruoli imposti e socialmente accettati, di obblighi che conferisconostatus, ma annichiliscono l’animo con continue assillanti e protervie sollecitazioni. Mi chiami appena puoi? Questo è un pro-memoria, ti ricordo di, ti ricordo di, questo è un pro-memoria, ti ricordo di, ti ricordo di.

Se l’annichilimento concede approvazione sociale a chi è vessato, nella stanza “Dammi l’abito e ti farò il monaco”, l’individuo spinto ad impersonare una moltitudine di sé e di altri da sé, che seppur richiama l’uno, nessuno e centomila di pirandelliana memoria, declina l’imposizione subita in un ossessivo gioco di seduzione e travestimento, che occulta le fluide e molteplici identitàLa stanza de “Il confessionale” è quella in cui è richiesta un’inversione di ruoli, per cui i visitatori sono invitati a vestire l’abito di performer. Scavano pubblicamente dentro loro stessi tanto da esibire i propri lati oscuri che covano latenti e forse rivelati per la prima volta. Così ha inizio un lungo percorso di progressiva e liberatoria autocoscienza, che consente di scoprire che il lato oscuro del desiderio è la soglia da oltrepassare per intraprendere un percorso di luce

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