La sopravvivenza dei malati di cancro tra nuovi farmaci e costi

Spesso capita di leggere di nuovi farmaci che vengono sbandierati come grandi conquiste per il prolungarsi della vita di un malato oncologico senza che la malattia progredisca.   Vale la pena spendere miliardi in ricerca per mettere a punto farmaci che poi, una volta resi disponibili al commercio e alla clinica, costano cifre iperboliche per consentire a un malato di tumore di vivere qualche settimana in più? O magari solo di rendere meno insopportabile la fase conclusiva della vita.   La risposta è contenuta in un dato. Tra il 1993 e il 2014 la sopravvivenza dei malati di cancro è praticamente raddoppiata, nel senso che, mentre un quarto di secolo fa le persone che riuscivano a sopravvivere dopo una diagnosi di tumore non arrivavano a 1 milione e mezzo, oggi sono diventate poco meno di 3 milioni. Insomma, a prescindere da ogni altra considerazione, per dare un giudizio avveduto non ci si può limitare a guardare la punta del naso, ma bisogna cercare di spingere lo sguardo un po’ più in là. E questo è anche ciò che si è cercato di fare al Corso di formazione professionale promosso dal Master di comunicazione scientifica dell’Università romana della Sapienza ‘La scienza nella pratica giornalistica’, che si è tenuto nella Capitale giovedì 10 marzo grazie al contributo di ‘Msd Italia’. Oggi è mutata l’epidemiologia dei tumori e se si escludono quelli della pelle, i tumori più frequenti sono al colon-retto, alla mammella e alla prostata, seguiti da polmone e vescica. Al 2014 oltre 2,9 milioni d’italiani hanno avuto una diagnosi di tumore nel corso della loro vita con le donne che mostrano una più alta prevalenza (56%) rispetto agli uomini (44%). Per quanto riguarda invece l’incidenza, le più aggiornate stime dell’Associazione dei registri dei tumori riferiscono di circa mille diagnosi di tumore ogni giorno, con un tasso annuale di circa sei casi ogni mille persone, stavolta maggiore negli uomini (6,9/1.000 abitanti/anno) rispetto alle donne (5,4/1.000 abitanti/anno). La mortalità per tumore, purtroppo, resta elevata nonostante i progressi della medicina. Nel 2011 in Italia sono stati registrati circa 175 mila decessi (quasi 99 mila tra gli uomini e quasi 77 mila tra le donne), vale a dire circa tre ogni mille persone. Tuttavia, confrontando i dati del 1996 con quelli più recenti disponibili del 2014 si nota un significativo decremento della mortalità, del 18% tra gli uomini e del 10% tra le donne. Risultati raggiunti grazie a diagnosi precoci e, appunto, terapie sempre più efficaci.  Valgano da esempio i casi di melanoma e cancro al polmone, due neoplasie particolarmente aggressive. Il primo, come ricorda Paolo Ascierto, direttore dell’Unità Melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative del Pascale di Napoli, è il tumore che ha finora ottenuto i più significativi risultati da quello che oggi viene considerato il quarto pilastro nel trattamento del cancro insieme con chirurgia, radioterapia e chemioterapia, vale a dire l’immunoterapia. L’elemento chiave, in questo caso, è stata la scoperta dei ‘checkpoint inhibitors’, molecole coinvolte nei meccanismi che permettono al tumore di eludere il controllo del sistema immunitario, ma che possono diventare bersaglio di anticorpi monoclonali che riattivano la risposta immunitaria antitumorale. Anche nel cancro al polmone l’immunoterapia sta dimostrando, come osserva Giorgio Vittorio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, di poter migliorare, rispetto alla chemioterapia standard, sia la sopravvivenza globale sia quella libera da progressione di malattia. Immunoterapia, dunque. Il fatto è che si tratta di terapie che alle aziende hanno richiesto grandi investimenti in ricerca e perciò giungono alla clinica con oneri alquanto elevati. Basti pensare, come ricorda Carmine Pinto, presidente dell’Aiom, l’Associazione degli oncologi italiani, che in dieci anni il prezzo dei farmaci antitumorali è più che raddoppiato, passando mediamente da 4.500 a oltre 10 mila dollari al mese. In Italia, in particolare, nel 2014 la spesa per i farmaci oncologici ospedalieri è stata di 3.899 milioni di euro, con un aumento di circa il 9,6% rispetto alla spesa dell’anno precedente. Ma il 2016, auspica Pinto, potrebbe essere l’anno di svolta per un intervento nazionale sul cancro e rilancia una proposta già formulata dall’Aiom: ‘Un fondo specifico che contribuisca al rimborso alle Regioni dei farmaci oncologici individuati a forte carattere innovativo sulla base di definiti parametri’. In sintesi un vero e proprio ‘Fondo nazionale per l’oncologia’ che potrebbe essere finanziato aumentando le accise di un centesimo a sigaretta, con il duplice obiettivo di sostenere il Fondo e contrastare il tabagismo. Dal canto loro, le aziende farmaceutiche sono ben consapevoli del fatto che l’innovazione, soprattutto in oncologia, comporta seri problemi di sostenibilità al ‘Servizio sanitario nazionale’. Per questo, per garantire l’accesso dei pazienti alle terapie innovative in ambito oncologico, riteniamo urgente e imprescindibile l’adozione di una nuova governance del settore farmaceutico, chiede Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato di Msd Italia, che rivendica gli investimenti in ricerca come facenti parte del Dna dell’azienda che con 7 milioni di dollari l’anno, pari al 18% del fatturato, ne fanno la quinta al mondo davanti a colossi come General Motors, Ibm, Ford e il doppio di Apple. Luppi suggerisce il superamento del tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera e la sua inclusione all’interno della spesa ospedaliera alla creazione di un Fondo alimentato anche con tasse di scopo.

Clementina Viscardi

 

Circa redazione

Riprova

Quell’allergia alle regole e ai controlli

L’esecutivo sta dimostrando in questi giorni un’insofferenza ai poteri super partes. E’ un atteggiamento che …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com