La Svizzera non ci vuole più? Così il Canton Ticino manda a casa i lavoratori italiani

La notizia potrebbe non sembrare nuova visto che l’amore transfrontaliero non è mai stato alle stelle. Molti cittadini svizzeri del Canton Ticino chiedono da anni che si pongano limiti ai lavoratori italiani che ogni giorno travalicano in massa la frontiera per andare a lavorare nella Svizzera italiana.

Già nel 2016 l’iniziativa referendaria “Prima i Nostri” promossa dalla destra Udc con il sostegno della Lega dei Ticinesi aveva ottenuto il 58% di sì. L’insofferenza dell’elettorato ticinese nei confronti della crescente presenza di lavoratori provenienti dall’Italia, circa 62mila, nel Cantone è cosa nota e ben radicata. Ora, i ticinesi sono tornati alla carica.

Il 27 settembre in Svizzera si vota per il referendum sulla riduzione dei permessi di soggiorno per i lavoratori stranieri. Nel mirino della proposta, partita dagli schieramenti di destra come la stessa Lega dei Ticinesi, ci sono i lavoratori francesi, tedeschi ma soprattutto italiani.

Il tema dell’accordo sui frontalieri tra Svizzera e Italia è tornato di stretta attualità dopo che l’Università di Lucerna ha consegnato un parere legale commissionato dal Governo ticinese per capire se un’eventuale disdetta unilaterale dell’accordo sui frontalieri comportasse o meno conseguenze per la convenzione sulla doppia imposizione con l’Italia. Nelle conclusioni dello studio si spiega che la possibilità di una disdetta unilaterale da parte svizzera esiste.

La road map concordata nel 2015 a questo proposito indicava “tempi ragionevoli” per l’entrata in vigore di un nuovo accordo sui frontalieri e per la messa a regime dell’accesso al mercato italiano. Ma tutto è rimasto lettera morta. Almeno fino ad ora.

Se passasse il sì, migliaia di migranti economici sarebbero costretti a fare armi e bagagli e tornarsene a casa. I lavoratori italiani sarebbero i più duramente colpiti, le loro famiglie rischierebbero di essere divise e a perdere il lavoro sarebbero soprattutto i lavoratori meno qualificati. Ma non solo. In particolare il settore terziario subirebbe un colpo.

La linea della chiusura dettata dalla destra svizzera peraltro cozza con il tasso di disoccupazione del Ticino, che è poco sopra il 2%. Quasi inesistente, insomma.

Vero è che la pandemia ha inciso negativamente sull’occupazione in Svizzera. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio Federale di Statistica nel secondo trimestre dell’anno il numero degli impieghi è sceso a 5,01 milioni, con una flessione dell’1,1% rispetto ai primi tre mesi dell’anno e dello 0,6% in confronto allo stesso periodo del 2019. E la contrazione più marcata è stata registrata proprio nel Canton Ticino, con un -2,9% di occupati.

Ma la volontà di rimandare a casa i transfrontalieri italiani va avanti da tempo, anche con mezzi non propriamente corretti. Come denuncia un’inchiesta giornalistica della Televisione Svizzera Italiana, il rinnovo dei permessi per stranieri, soprattutto italiani, in Canton Ticino è diventato più difficile. I dinieghi nei confronti dei nostri connazionali sono quasi quadruplicati negli ultimi cinque anni.

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