Non proprio un fulmine a ciel sereno. Il taglio di tre puntate del lunedì di Fabio Fazio è arrivato dopo mesi di tensioni politiche. Il conduttore da tempo è nel mirino della Lega e di Matteo Salvini: il vicepremier e ministro dell’Interno aveva ribadito più volte la sua decisione di non accettare l’invito a Che tempo che fa. «Ci andrò quando si sarà tagliato lo stipendio».
E poi, durante i comizi, il leghista se l’è presa con lui appena possibile: «Mi piacerebbe vedere cosa farebbero i compagni con la falce e col martello se subissero loro una delle violenze che stanno subendo gli italiani. Quattro figli di papà col portafogli pieno. Comunisti col Rolex alla Fabio Fazio», ha detto nel Cuneese. Mentre parlando a Sanremo non ha cambiato più di tanto lo spartito: «Lascio Fazio con i suoi milioni e il suo Rolex al polso. Faccio a meno della Gruber. Abbiamo presentato una proposta di legge con un tetto agli stipendi milionari che ci sono in Rai e la possibilità di licenziare». Si tratta di una risoluzione presentata in commissione Vigilanza che fissa un limite ai salari degli artisti e dei dirigenti non giornalisti in Rai, legando i compensi ad ascolti e introiti pubblicitari e prevedendo la possibilità di modificare in corso d’opera contratti pluriennali.
Insomma della ridefinizione dell’accordo con Fazio (che scade nel 2021) si sta occupando l’amministratore delegato Fabrizio Salini, ma lo stipendio del conduttore, definito anche dal presidente della Rai Marcello Foa «molto elevato, al di sopra di qualunque valutazione di merito sugli ascolti», è un tema su cui il Carroccio insiste.
In un’intervista a ‘Il Messaggero’ il consigliere di amministrazione in quota Lega Igor De Biasio aveva definito Fazio «un’opportunità, ma a due condizioni. La prima: uno stipendio accettabile agli occhi degli italiani che lo pagano. La seconda: che vada su un’altra rete». Del resto le voci di un possibile trasloco su RaiDue o RaiTre si rincorrono da tempo. Nell’intervista De Biasio ha alzato il tiro anche contro il capo azienda: «Salini deve decidere se passare alla storia come il primo ad capace di rinnovare la Rai e di farla diventare sempre più orgoglio nazionale, oppure se diventare un monumento alla melina. Da parte mia, la fiducia a priori è finita. Lo misurerò dai fatti, volta per volta».