La vicenda Apostolico esaminata in punta di diritto

Una vicenda, quella della  magistrata Apostolico, che infiamma ormai quotidianamente un dibattito su una manifestazione di segno politico, come quella della giudice alla manifestazione di 5 anni fa a Catania sul Caso Diciotti. Ovviamente  un magistrato non deve trasferire la propria ideologia nei provvedimenti.

Un caso, che si infiamma quotidianamente con video, foto e commenti liberamente interpretati,  con la Apostolico blindata dal tribunale del capoluogo etneo che non ha disposto il suo trasferimento ad altro incarico. E con la Lega, che ne ha chiesto le dimissioni, che ancora attende di vederle annunciare. Tutto, mentre dilaga la polemica di un secondo video, girato da un carabiniere nel 2018 nel porto di Catania, che ritrae la giudice Iolanda Apostolico durante una manifestazione.

Un punto di partenza ci dice che un esponente di governo non può screditare il rappresentante di un altro potere dello Stato

Il provvedimento della magistrata Apostolico di Catania, che ha disapplicato il decreto Cutro, continua a infiammare il dibattito e soprattutto le ire del governo di Giorgia Meloni. È stato detto di tutto e di più per un provvedimento motivato in punta di diritto, come da diversi giuristi è stato sottolineato.

Alcune cose vanno comunque ribadite:

1) La nostra Costituzione afferma la separazione e l’autonomia dei poteri, principio antico di qualche secolo e fondante di un sistema democratico e a esso occorre quindi attenersi.

Già H. Popitz sulla scia di Weber, per esempio, nel costruire la sua Fenomenologia del potere, risale alle forme archetipiche di esso, tenendole ben distinte e individuandole nel patriarca, nel giudice e nel condottiero quindi il potere politico, il potere giudiziario e il potere di difesa dell’esercito come poi si sono strutturati nel tempo.

2) La stessa Costituzione non vieta a un magistrato di avere ed esprimere, se del caso, le proprie idee, cosa che non deve impedirgli l’indipendenza di giudizio nell’esercizio delle sue funzioni. Un magistrato non è un robot, per giudicare deve vivere nel mondo, coglierne i sussulti, i mutamenti, ossia conoscerlo. Anche le direttive della Ue, inoltre prevedono l’obbligo per i paesi membri di rispettarle essendo la UE una istituzione sovraordinata;

3) Un magistrato ha alcuni obblighi, quale per esempio quello di non iscriversi a un partito politico o di presentarsi ad elezioni politiche, ma non gli è vietato di partecipare a eventi o manifestazioni della società civile. Infatti secondo una tipologia condivisa negli studi la partecipazione politica si realizza in forme diverse (diritto di voto, iscrizione ad un partito, finanziamento ad un partito, partecipazione ad un movimento collettivo, esibizione di distintivi di appartenenza, partecipazione a manifestazioni) e di queste il partecipare a manifestazioni è la forma più debole perché spesso sporadica e casuale.

4) L’atto del giudicare nella liturgia giuridica si compie perché in quel momento il giudice realizza, secondo le regole della procedura, la sua funzione giudicante appunto, di sanzione di reati o di composizione di conflitti fra parti avverse. Esso è il celebrante come il sacerdote nella liturgia della Messa nella tradizione cattolica e serve a poco frugare nella sua vita alla ricerca di possibili errori, passi falsi o altro poiché questo non inficia la legittimità della sua funzione nel momento in cui esso compie il rito dell’amministrare la giustizia.

Adesso altri giudici, a Catania il giudice Cupri, e a Firenze, hanno disapplicato il decreto Cutro disponendo il rilascio di alcuni migranti, una linea quindi che si fa strada se pure incespicando in ostacoli.

E quindi avrà un bel da fare il ministro Salvini per cercare video, foto ed altro materiale da dare in pasto alla pubblica opinione additando i suddetti magistrati come non credibili, anzi esecrabili e chiedendo le loro dimissioni. Una caccia che il governo farebbe bene ad evitare.

Un governo può non condividere un provvedimento della magistratura ma deve seguire le procedure consolidate per contestarlo, non frugare, come il ministro Salvini ha fatto, nella vita del magistrato in questione con fare inquisitorio ed usando fonti non chiare e per questo inquietanti. Questo discredita le istituzioni.

La magistratura nelle istanze previste, in questo caso la Cassazione (che ha già ribadito in passato l’obbligo di conformità alle direttive europee) si pronuncerà sulla legittimità o meno del provvedimento della giudice anzi dei giudici in questione.

Conclusione: il governo di uno Stato democratico non può, non deve agire né contro gli altri due poteri (in questo caso il giudiziario), né contro la piazza, la società e le legittime manifestazioni di dissenso non violente, come accaduto a Torino giorni fa contro un corteo di studenti non violento caricato dalla polizia. Il governo di uno Stato democratico non può, non deve usare il proprio potere per ostacolare e ridurre la libertà della stampa o della televisione che non gli siano collaterali e prone, come da qualche tempo sta avvenendo. Il governo non può usare l’abito di un partito, ma quello ampio e imparziale dello Stato che è chiamato a dirigere.

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