“Un bambino seduto in trono in una prospettiva brunelleschiana: questa è l’immagine che mi ha folgorato, navigando tra i social. E che mi ha spinto a cercare Pino Guerra” così ha esordito il critico e fotografo Roberto Cavallini all’inaugurazione della mostra fotografica La voce degli occhi che si è tenuta alla biblioteca Guglielmo Marconi di Roma il 14 gennaio.
“E sfogliando le foto di Pino Guerra mi sono imbattuto nell’immagine di un ragazzo di diciotto anni, tatuato, mentre bacia suo figlio in bocca, un vero soffio vitale. A quel punto ho deciso che dovevo conoscere Pino, portarlo qui, farvi vedere la sua opera”.
“Il ragazzo è in galera per associazione a delinquere, ne avrà per sedici anni” ci racconta Pino Guerra e, scorrendo il dito sulle foto esposte, schiude per ogni foto una storia: le storie sono quelle degli abitanti delle Vele di Scampia quando ancora erano il centro dello spaccio e di molte altre attività illecite del capoluogo partenopeo, prima che si spostasse verso le zone di Parco Verde e Caivano.
“Il progetto fotografico è nato – continua Guerra – sul racconto di Davide Cerullo che accompagna il libro/catalogo della mostra. Davide è un ex camorrista, sul cui trono si è arrampicato il ragazzino della foto che ha tanto colpito Roberto. Davide Cerullo ha intrapreso un percorso di riscatto grazie alla parola, alla potenza della narrazione. E a un certo punto ha voluto che alle storie scritte si accompagnassero le storie degli sguardi, delle rughe, dei sorrisi degli abitanti di Scampia. Per testimoniare non la sofferenza, non il degrado, non la violenza, ma il desiderio di riscatto. Per questo mi ha chiamato a fotografare: per documentare la rivolta dal basso di Scampia, la ricostruzione di un tessuto sociale e di cooperazione che passa tra le mani degli abitanti, nel silenzio assordante delle autorità, del governo”.
“Le foto che Pino ha scattato” chiosa Cavallini “sono a una distanza tale dai soggetti che non si sarebbero potute scattare senza la fiducia, l’intesa con i soggetti coinvolti”.
“Anche la realizzazione del libro La voce degli occhi” interviene Ciro Corona, l’editore del libro “fa parte del processo di riscatto di Scampia. La mia casa editrice, la [erre] EDIZIONI, ha la sede alle Vele, nel Lotto P5. [erre] come (R)ESISTENZA all’illegalità e alla cultura camorristica. Ci vuole coraggio ad aprire una casa editrice a Scampia? Non lo so, so solo che dobbiamo fare di tutto per supportare l’idea di Vittorio Passeggio, l’uomo col megafono, il portavoce del Comitato Vele, quello che gridava “Vogliamo tutto”, l’idea di far ritornare la legalità, la convivenza civile a Scampia. Ed è per questo che i proventi del libro sono destinati al doposcuola autogestito di Scampia. Io ci sono cresciuto alle Vele, ne ho visto la costruzione nei primi anni ’80, dopo il terremoto per accogliere gli abitanti sfollati da via Marina e dai Quartieri Spagnoli. L’interno della struttura avrebbe dovuto ricordare i Quartieri Spagnoli con il suo corridoio simile a un vicolo stretto e gli alloggi vicini vicini, per facilitare i rapporti di buon vicinato. Come per altre opere di edilizia popolare tipo Corviale, l’ultimo piano sarebbe dovuto essere adibito a negozi e spazi comuni. Invece il piano riservato alle attività e alla socialità è stato occupato e trasformato in abitazioni abusive. I palazzi, palazzi di sedici piani, sono rimasti senza ascensore, non sono nati negozi, supermercati, siamo stati abbandonati nel nulla. E così è stato facile per la criminalità incistarsi all’interno dei palazzi, cacciando gli inquilini dagli appartamenti, comprandone la complicità con soldi e minacce. Così siamo diventati ostaggi dello spaccio”.
Ma veniamo alle foto, alla mostra: le fotografie sono state scattate in bianco e nero, tecnica molto più evocativa rispetto al colore, in quanto toglie precisione lasciando spazio all’immaginazione dello spettatore e rende più visibili i contorni e la profondità, oltre a dare spessore e consistenza all’immaterialità.
Foto di fierezza, di bambini che volano sorridenti tra le braccia dei padri, foto di denuncia, di richiesta di riscatto, come quella della madre che tiene tra le braccia la foto del figlio morto in carcere, ucciso forse, come Stefano Cucchi, per un pestaggio delle guardie carcerarie. Foto beffarde, di sberleffo al degrado, di Pulcinella che spernacchia alle Vele, foto di lavagne, di bambini che studiano, anche se sono senza genitori, uccisi, in galera, chissà. Foto da scavare l’anima. Foto da non perdere. Fino al 24 gennaio in mostra alla Biblioteca Marconi, via Cardano 135, Roma.
Barbara Lalle