L’anno che se ne va populista a tratti reazionario

Il 2018 sarà ricordato come l’anno in cui l’affermarsi del populismo e del sovranismo, non è stato un mero incidente della storia ma il segno del nostro tempo. Per fortuna che qualcuno sta aprendo gli occhi perché si rende conto che il populismo è un disastro che aggraverà sempre di più la situazione già di per sé precaria. In America, Trump ha sostanzialmente pareggiato le elezioni di medio termine, una quasi vittoria. Tutti coloro che credevano ad una sbornia, per una notte, degli americani si son dovuti ricredere. Trump è un leader che ha quasi del tutto rifondato la destra americana. Può essere battuto, ma solo se i democratici troveranno un capo. Le scelte del Presidente degli Stati Uniti alquanto discutibili, finiranno per pesare non solo all’interno ma anche in Europa, finendo così per condizionare negativamente la storia. In Europa le forze politiche centriste e moderate si sono molto indebolite e i loro leader stanno per uscire di scena. In Germania la Merkel ha già annunciato che cederà il suo scettro, in Francia Macron è stato travolto completamente dalla rivolta dei cosiddetti Gilet gialli, una rivolta dagli inequivocabili tratti reazionari. Non parliamo della Spagna dove i socialisti al minimo storico, per governare sono stati costretti ad allearsi con le forze populiste e hanno ancora da risolvere la richiesta di autonomia della Catalogna. Il Paese, però, che è messo peggio di tutti, tanto per non cambiare è il nostro. Il governo espresso dall’alleanza di 5 Stelle e Lega è sicuramente il peggiore della storia repubblicana, eppure continua a godere di un vasto consenso che non si spiega solo con il mal governo di quelli che li hanno preceduti. 5 Stelle e Lega hanno programmi incompatibili. Non è semplice coniugare Flatax, abolizione della Fornero e reddito di cittadinanza. Non possono stare insieme, non solo per una questione di numeri, ma perché sono espressioni di due modi d’intendere l’economia e la finanza per governare il Paese. Hanno però un comune denominatore che fa da collante e li tiene insieme: il disprezzo per l’establishment, per la democrazia rappresentativa. Il Parlamento non è mai stato così umiliato nelle sue prerogative e funzioni. La situazione economica è gravissima, con un debito economico sempre più alto e una crescita quasi uguale allo zero. Riteniamo che l’attuale ciclo politico giallo-verde abbia vita molto breve. E’ stata varata una manovra finanziaria che ha più del surreale che del reale, intrisa di speranze e false illusioni. Sicuramente le prossime elezioni europee premieranno ancora i due partiti di governo, ma dovranno subito dopo fare i conti con una realtà che non conosce né sperane né illusioni.

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