Latte nella flebo, muore neonato al San Giovanni. Dg Bracciale: “Non c’è stata volontà di nascondere”

Ancora tante le polemiche in merito alla morte di un bambino morto al San Giovanni di Roma. A causare il decesso del piccolo, nato alla trentesima settimana di gestazione, l’iniezione in vena di latte, invece che di una flebo di fisiologica.

Sul caso al momento indaga la Procura di Roma. Intanto il ministro della Salute Balduzzi, ha inviato gli ispettori per acquisire maggiori informazioni sulle cause che hanno portato alla morte del bambino. Importante sarà anche accertare il motivo del ritardo nella denuncia da parte del personale sanitario.

Ed infatti, solo dopo qualche giorno. qualcuno dalla direzione dell’ospedale si è accorto di qualche irregolarità nella terapia usata per curare il piccolo. E’ partita così la denuncia cheall’iscrizione di una dozzina di medici nel registro degli indagati.

Da chiarire anche la posizione della madre del neonato che verrà ascoltata nei prossimi giorni. Bisogna infatti stabilire perché neanche lei abbia denunciato i fatti .e capire se volesse disfarsi del bambino.

Dg San Giovanni: “Ho segnalato un episodio che non mi sembrava normale”. “Se ho avuto l’impressione che qualcuno volesse minimizzare o nascondere qualcosa? No. E’ una regola che esiste e che io ho seguito: segnalare alla Procura tutti quegli eventi che non sono ‘normali’”. E’ quanto dichiara il direttore generale dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma, Gian Luigi Bracciale, in merito al caso del neonato a cui è stato somministrato latte per via endovenosa, morto nel suo ospedale. Il manager ha riferito di aver saputo del presunto scambio di flaconi dal 2 di luglio scorso. “Io – ha aggiunto infatti – ho parlato con il primario di Neonatologia, con il direttore sanitario. C’era stata una constatazione di fatti che sarebbero accaduti che non mi hanno convinto, e che mi hanno indotto a fare denuncia. Poi sarà il magistrato a decidere cosa fare, se archiviare sentiti i periti, o procedere”. Bracciale ha spiegato che l’anormalità che lo ha spinto a rivolgersi alla magistratura era nel fatto che”sembra che ci sia stata una terapia mal fatta, una nutrizione enterale per via endovenosa. Non è stata quindi seguita la prassi normale”. “Tutto è partito da una segnalazione del direttore sanitario – ha aggiunto – e insieme alla segnalazione alla magistratura ho avviato una indagine interna. Non ho avuto bisogno della certezza: solo il dubbio che potesse essere accaduto e’ stato per me sufficiente”.

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