Lavoratori fragili e quarantena, chiarimenti Inps

Per i lavoratori fragile diventa più semplice la tutela economica del periodo di quarantena per contagio da COVID-19: l’assenza dal lavoro viene equiparata alla malattia dal 17 marzo al 30 giugno 2021. Anche se è il medico curante ad aver disposto la quarantena (ad esempio a seguito di un tampone positivo) o la permanenza in isolamento fiduciario il lavoratore dipendente ha diritto all’indennità economica di malattia.

Lo rende noto l’Inps nel messaggio n. 1667/2021 in cui interviene nuovamente in tema di lavoratori fragili e di lavoratori dipendenti del settore privato aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a seguito delle novità introdotte dal decreto-legge n. 41/2021.

Il decreto Sostegni è intervenuto nuovamente sulle tutele in favore dei lavoratori fragili  estendendo fino al 30 giugno 2021 l’equiparazione del periodo di assenza dal lavoro a degenza ospedaliera, precisando che tale tutela è riconosciuta nel caso in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile. Il suddetto periodo non deve essere computato ai fini del termine massimo previsto per il comporto sulla base dei contratti di riferimento.

In merito all’estensione temporale di applicazione della norma si precisa che la tutela per i lavoratori fragili vige per i periodi dal 17 marzo al 31 dicembre 2020 e dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2021.

Come riporta la circolare Inps, viene confermato che i lavoratori “fragili” svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Sulla base del nuovo quadro normativo, l’Istituto procederà quindi al riconoscimento della tutela ai lavoratori “fragili” del settore privato assicurati per la malattia, dal 17 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 e dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2021, compatibilmente con la disponibilità e nei limiti delle risorse finanziarie assegnate, secondo la specifica disciplina di riferimento per la categoria lavorativa e il settore di appartenenza.

In merito alla tutela della quarantena per l’anno 2021, non c’è più l’obbligo per il medico curante di indicare gli estremi del provvedimento che ha dato origine “alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva”.

Per tutto il 2020 sono emerse notevoli difficoltà per il gran numero di eventi gestiti dalle Aziende Sanitarie Locali, soprattutto nelle fasi più critiche dell’emergenza sanitaria. Molte Regioni, infatti, hanno adottato ordinanze e deliberazioni di Giunta regionale per affidare ai medici di famiglia la disposizione dell’isolamento per quarantena dei lavoratori, equiparando la certificazione da loro prodotta al provvedimento dell’operatore di sanità pubblica. L’Inps si è rivolto al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che ha chiarito che:

  • le misure organizzative adottate dalle diverse Regioni possono considerarsi valide;
  • è possibile sanare le certificazioni carenti di provvedimento, nella presunzione che siano state redatte dai medici curanti sulla base di indicazioni anche informali delle AA.SS.LL. o sulla base di un esito positivo del tampone molecolare o del test rapido.

Sulla base dei chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Inps concede il via libera sui certificati del 2020:

Tenuto conto, quindi, del quadro normativo vigente e degli indirizzi forniti dal Ministero vigilante, per la gestione dei certificati giacenti pervenuti nel corso del 2020, le Strutture territorialmente competenti procederanno al riconoscimento della tutela della quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva in tutti i casi in cui sia stato prodotto un certificato di malattia attestante la quarantena, anche laddove non sia stato possibile reperire alcuna indicazione riguardo al provvedimento dell’operatore di sanità pubblica, con l’eccezione evidentemente di quei certificati nei quali la diagnosi riportata è espressamente riferita a “ordinanza dell’autorità amministrativa locale” (come già precisato nel messaggio n. 3653/2020)”.

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