In Italia è in voga la tendenza a trasformarci tutti in virologi e a sparare grossolanità sull’andamento pandemico. Occorrerebbe, anche in questo caso, un vaccino contro questa forma di virus molto insidiosa e minacciosa. Fatta, a nostro avviso, questa doverosa premessa, non si può non notare una contraddizione nelle disposizioni di contenimento della pandemia, annunciate dal Governo, per il mese di aprile. Apertura delle scuole fino alla prima media anche nelle regioni rosse, dopo le festività pasquali. Nessuna tra le forze di maggioranza ha obiettato sull’eventualità di probabili rischi. Non è escluso , infatti, che il probabile contagio dei giovani possa trasferirsi agli adulti e agli anziani se conviventi. La tesi favorevole alla riapertura è sostenuta da motivazioni psico-sociali: l’istruzione ha bisogno del contatto umano; la scuola è vita e non può essere relegata dietro uno schermo; la sofferenza psicologica dei giovani che devono rinunciare al contatto umano con i compagni di classe e i docenti. Quindi si è deciso di correre il rischio. Ma se questo è il criterio che si è deciso di adottare per le scuole, sorge spontanea la domanda del perché si è deciso diversamente per le attività economiche e in particolare per quelle che sostengono la cosiddetta economia di prossimità? Perché si vuole costringere le attività ormai da un anno in ginocchio, a restare chiuse per tutto il mese di aprile? Non si poteva ipotizzare una riapertura almeno nelle zone con più basso contagio? Il Parlamento in questi giorni sta esaminando il decreto sull’ennesimo scostamento di bilancio che prevede ennesimi risarcimenti alle attività messe in ginocchio dalla pandemia. Ma rispetto a quello che queste attività hanno perso, ciò che verrà loro elargito è poco più che un pannicello caldo. Ma la colpa non è di nessuno se non del fatto che le casse dello Stato sono allo stremo. E la politica non può dar vita all’impossibile. L’unica alternativa, affinché le categorie che si sono ritrovate nell’impossibilità di continuare con la propria attività tornino a lavorare, è riaprire al più presto, nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza. Orbene la politica sta contraddicendo quanto sostenuto da Draghi nel discorso per l’insediamento del suo governo: bisogna combattere ad ogni costo la depressione di massa. Dinanzi a queste decisioni molto sofferte, occorre che le forze moderate e liberali, sostengano il governo e il suo Presidente. Draghi in questi giorni sta operando una vera e propria rivoluzione di metodo e modus operandi, a cominciare dalla comunicazione. Si va verso un pragmatismo di sistema che via ,via si libera dalla demagogia e si sostituisce al finto perbenismo salottiero di una sinistra ideologica, che in realtà guarda solo alla spartizione delle poltrone, per non parlare poi dello stucchevole europeismo ideologico di cui il governo giallo-rosso era pervaso. Non ci resta che il Presidente del Consiglio, che con la sua autorevolezza a livello internazionale, rappresenta l’ultima grande risorsa di questo Paese. Difficile andare oltre e trovare un altro in cui potersi identificare.
Andrea Viscardi