“Se il Paese, attraverso le sue forze sociali e politiche, non si sente pronto a quello che secondo noi è un buon lavoro, non chiederemo certo di continuare per arrivare a una certa data”. Da Seul il presidente del consiglio, Mario Monti, lascia intendere di essere pronto a lasciare l’incarico di governo anche prima della scadenza naturale del 2013. Il premier sa che tutto si gioca sulla riforma del mercato del lavoro, che sarà discussa e approvata dal Parlamento. Sa che su questo tema, dal suo governo ritenuto fondamentale per la crescita dell’Italia, la maggioranza parlamentare potrebbe sfaldarsi. Il premier non ha paura di una ‘crisi di governo’, anzi rifiuta il concetto, e per rendere bene la sua idea cita Giulio Andreotti. Non per nome ma per quella frase ‘sul tirare a campare’. Crisi?, si chiede Monti. “Rifiuterei il concetto: a noi è stato chiesto di fare un’azione nell’interesse generale. Un illustrissimo uomo politico diceva: meglio tirare a campare che tirare le cuoia. Per noi nessuna delle due espressioni vale perché l’obiettivo è molto più ambizioso della durata ed è fare un buon lavoro”. E più chiaro di questo non poteva essere il presidente del consiglio: il suo governo non ha intenzione di seguire ne’ l’una ne’ l’altra strada. “Finora il Paese si è mostrato più pronto di quello che immaginassi e se qualche segno di scarso gradimento c’è stato è andato verso altri protagonisti del percorso politico. Ma non verso il governo”. Insomma se le forze politiche che ora lo sostengono vogliono togliergli la spina, sulla riforma del mercato del lavoro, sono libere di farlo ma poi dovranno dar conto agli italiani.
Si voterà nel 2013 e Monti non ha nascosto ai giornalisti che Paesi sede di fondi sovrani e istituzioni private che investono anche nel nostro Paese hanno “il desiderio di capire se, come e quanto intensificare i loro investimenti in Italia”, perché timorosi del ritorno di ‘vecchi vizi’ come l’invadenza della politica nell’economia. Il premier si dice convinto che quando terminerà l’esperienza del suo esecutivo tecnico “la politica tradizionale tornerà e non sarà quella tradizionale”.
Mario Monti parla anche della mancata scelta di un decreto legge cui incastrare la riforma del mercato del lavoro. “Un decreto legge sarebbe venuto a valle di un processo più lungo ma con una qualità al ribasso” e il governo “ha fatto una scelta di qualità”. E ribadisce che se avesse accontentato le richieste di alcuni, come la Cgil, altri come la Confindustria avrebbero detto di no. Il governo ha fatto il meglio possibile visti i tempi stretti per varare la riforma. “Avrebbe fatto piacere anche a me e al ministro Fornero avere a disposizione 3 anni”, come li ebbe la Germania “e sicuramente sarebbe uscita una riforma del lavoro ancora migliore”. Ma quel tempo Mario Monti e il suo ministro del lavoro non l’hanno avuto.