Oltre alle competenze professionali composte da formazione accademica, titoli ed esperienza sul campo, il profilo di un lavoratore è completato dalle cosiddette “soft skills”, una serie di capacità più legate al “saper essere” che al “saper fare”.
Le soft skills più richieste nel 2023
Sono 10 le soft skills trasversali più richieste dai recruiter italiani nel 2023. L’elenco è stato redatto da Randstad HR Solutions, società che si occupa di recruiting e analisi del mercato del lavoro.
Pensiero out of the box: ovvero la capacità di abbandonare gli schemi consolidati per mettersi costantemente alla ricerca di soluzioni innovative. Chi pensa fuori dagli schemi sa proporre soluzioni e strumenti orientati alla creazione di valore aggiunto.
Ascolto attivo: chi pratica l’ascolto attivo non è un fruitore passivo delle informazioni alle quali viene esposto, ma partecipa alla discussione recependo ed elaborando le notizie e sapendo cogliere il detto e il sottinteso per poi fornire il feedback adeguato.
Learning agility: un tempo era possibile imparare un set di abilità e metterle in pratica per decenni. Oggi il mercato del lavoro vive un’evoluzione quasi in tempo reale. I lavoratori capaci di sviluppare rapidamente nuove competenze e abilità, adattandosi con flessibilità ai cambiamenti del contesto hanno una marcia in più.
Mentalità digitale: curiosità, versatilità e propensione a saper dialogare con le nuove tecnologie rivoluzionando costantemente il proprio bagaglio di conoscenze sono skills indispensabili per il lavoratore del XXI secolo. Su questo fronte in Italia c’è molto da lavorare come dimostra l’ultimo report Istat “Cittadini e competenze digitali”.
Team working inclusivo: un bravo lavoratore è prezioso, ma lo è di più se è in grado di fare squadra integrandosi nel gruppo di lavoro e facendo in modo che anche i colleghi se ne sentano parte attiva.
Gestione della responsabilità: si tratta della capacità di farsi carico delle responsabilità derivanti dalle proprie performance, dagli obiettivi assegnati e dalla qualità dei target stabiliti. Significa anche saper condividere le informazioni con collaboratori o colleghi degli altri team al fine di raggiungere obiettivi condivisi.
Proattività: il lavoratore proattivo anticipa le problematiche e pianifica le proprie azioni per raggiungere più agevolmente i target stabiliti.
Intelligenza emozionale: si tratta della capacità di saper riconoscere e saper gestire i propri stati d’animo e quelli altrui al fine di creare un ambiente di lavoro privo di tensioni e più efficiente. L’empatia è il pilastro di questa soft skill.
Capacità di reazione: rispondere rapidamente al cambiamento, recepire e gestire rapidamente le richieste dell’ambiente, semplificare le informazioni complesse, organizzarsi per priorità, mettere in pratica processi decisionali pragmatici, garantire standard qualitativamente alti. È questa la capacità di reazione.
Pensiero analitico: è una skill che permette di individuare punti di forza e aree di miglioramento osservando, ricercando e interpretando un dato al fine di poter identificare soluzioni innovative e complesse.
Capacità trasversali irrinunciabili nel 2023
“L’analisi evidenzia come le dieci competenze più ricercate oggi sul mercato del lavoro siano principalmente quelle soft, skill trasversali ai diversi settori, cruciali per l’occupabilità e lo sviluppo di carriera di qualsiasi profilo”, commenta Fabio Costantini, amministratore delegato di Randstad HR Solutions. “Abilità che consentono l’adattabilità in contesti lavorativi in costante evoluzione, crescita personale, raggiungimento degli obiettivi. Si tratta di capacità in parte innate ma, proprio come le competenze hard, ‘allenabili‘ dalle persone per raggiungere i propri traguardi professionali”.
Preoccupa il mismatch sulle hard skills
Questo per quanto riguarda Ranstad. Altre realtà hanno individuato altre competenze del futuro con le quali i lavoratori dovranno fare i conti.
Chiuso dunque il capitolo sulle soft skills. Sul campo delle hard skills invece in Italia preoccupa il cosiddetto “mismatch”, ovvero il gap fra le competenze offerte dai lavoratori e quelle ricercate dal mercato.
Fonte: Mauro Di Gregorio