Le 30 banche che non possono fallire. Una è italiana

E’ stata analizzata a fondo, negli scorsi mesi, la situazione delle banche italiane in termini di solidità e affidabilità per i correntisti. Vediamo ora quali sono a livello mondiale le 30 banche che, per la loro importanza ‘sistemica’, non possono fallire. Un po’ la stessa filosofia del ‘too big to fail’ visto negli Usa. Circa la metà sono europee, una sola è italiana.

L’importanza delle banche in questione è data sia dalle dimensione degli attivi e del numero di clienti soprattutto internazionali, sia soprattutto dalla loro interconnessione con l’economia del Paese nel quale hanno sede e con l’economia mondiale. Importante anche la quantità di strumenti finanziari che utilizzano o vendono. L’elenco di queste 30 big bank è stato redatto come ogni anno dal Financial Stability Board (Fsb) insieme al Basel Committee on Banking Supervision (Bcbs), e ripreso fra gli altri dal sito truenumbers (numeri veri)

 La decisione di identificare le banche ‘sistemiche’ venne presa subito dopo il collasso della banca americana Lehman Brothers. Allora fu chiaro che alcuni istituti non possono fallire a meno di correre il rischio di far ripartire una nuova ondata di fallimenti. Queste 30 banche, in altre parole, sono ‘too big to fail’, ovvero ‘troppo grandi per poter fallire’ e, proprio per questo, attorno ad esse, la vigilanza è particolarmente stringente e il cordone di protezione sempre tirato. Ma è chiaro che il fatto di non figurare in questa lista non significa essere automaticamente una banca a rischio.

Dell’elenco di 30 banche ‘sistemiche’, le vere big bank, la cui definizione è codificata dall’acronimo G-SIBs, la metà sono in Europa e 8 fanno parte dell’eurozona e, all’interno di questo insieme la metà sono francesi: Bnp-Paribas, Bpce, Sociéte Géneral e Credit Agricole. Le altre sono l’olandese Ing, la tedesca Deutsche Bank, la spagnola Santander mentre nella lista l’Italia è rappresentata da Unicredit.

Oltre a Unicredit, le altre 22 banche sistemiche mondiali sono: Hsbc, Jp, Morgan Chase, Barclays, Citigroup, Bank of America, Credit Suisse, Goldman Sachs, Mitsubishi UFJ FG, Morgan Stanley, Agricultural Bank of China, Bank of China, Bank of New York Mellon, China Construction Bank (che ha preso il posto nell’elenco della spagnola Bbva, uscita nel 2014), Industrial and Commercial Bank of China Limited, Mizuho, FG Nordea, Royal Bank of Scotland, Standard, Chartered, State Street, Sumitomo Mitsui FG, UBS e Wells Fargo.

La classificazione delle banche è fatta in ‘5 fasce’: la fascia più bassa richiede un surplus di capitale solo dell’1%, che aumenta al 2,5% nella fascia 4 ed al 3,5% nella fascia 5. La banca italiana appartiene alla classe più bassa mentre nella quinta fascia non c’è alcuna banca. La più popolata è la quarta fascia dove si collocano nomi del calibro di Citigroup e JP Morgan Chase, Goldman Sachs e, fra le europee, Barclays e Credit Suisse. Nella fascia 3 vi sono Bank of America, Bnp Paribas, Deutsche Bank e HSBC.

Frattanto, anche la vigilanza europea ha aggiornato la lista delle banche sottoposte a controllo, che scende di due unità a quota 127, per effetto di aggregazioni. Per l’Italia esce Mediolanum e permangono 15 Istituti: Carige, MPS, Banco Popolare, BPER, BPM, Popolare Sondrio, Popolare Vicenza, Barclays, Credem, Iccrea, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit, UBI e Veneto Banca.

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