Peggiora lo stato di salute dei liberali di Renew Europe. A pochi giorni dal primo turno delle legislative in Francia l’eurogruppo che fa capo al presidente Emmanuel Macron continua a perdere pezzi. Ormai è ufficiale il sorpasso dell’Ecr, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei guidato dalla premier Meloni. Non solo, ma la sfida per il terzo posto a Strasburgo non è finita.
I liberali continuano a perdere pezzi. Un leader convertito al populismo fuori dal gruppo ma, soprattutto, sette eurodeputati in meno. I Liberali di Renew perdono in blocco la delegazione ceca di Ano, guidata all‘ex premier Andej Babis. E scendono a 74 seggi, ormai a nove di distanza dal gruppo dei Conservatori e Riformisti. Mai, nella storia recente dell’Unione, l’Eurocamera aveva iniziato con un così corposo movimento di delegazioni da un gruppo all’altro. In questo caso a favore della destra, confermando il nuovo vento che spira a Strasburgo e Bruxelles.
I numeri della maggioranza Ursula scendono sotto quota 400. “Ha scelto un percorso populista che è incompatibile con i nostri valori”, così la presidente di Renew Europe, Valérie Hayer. Ma l’emorragia brucia. La macroniana ha dichiarato ai giornalisti che il gruppo si sta muovendo per includere nuovi membri e Sandro Gozi sostiene che la “maratona” per il terzo posto è appena iniziata.
Con l’ingresso di cinque nuovi membri dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni l’Ecr sorpassa i liberali di Macron e sale a 83, una decina dei quali provenienti da partiti entrati per la prima volta all’Eurocamera. I Conservatori e riformisti europei potrebbero crescere ancora, spiega a Euronews il loro co-presidente, Nicola Procaccini, eurodeputato di Fratelli d’Italia. “Stiamo dialogando con altri partiti, non posso dire quali, ma siamo ottimisti”.
In Europa e in casa per l’inquilino dell’Eliseo si mette davvero male. Il Rassemblement national di Marine Le Pen e Bardella continua a crescere rosicchiando consensi anche nella sinistra delusa dalla radicalizzazione del nuovo popolare egemonizzato da Mélenchon. “Al presidente non resterà altro che le dimissioni per uscire da una possibile crisi politica”. Così la Le Pen, sottolineando che questa non è “una richiesta” da parte sua ma “una constatazione”. “Non chiedo a Emmanuel Macron di dimettersi, io sono rispettosa delle istituzioni. Quando c’è un blocco, una crisi politica ci sono tre possibilità. C’è il rimpasto, lo scioglimento e le dimissioni del presidente”, ha spiegato la leader del Rn. “Il rimpasto, in queste circostanze, non mi sembra estremamente utile. Lo scioglimento non potrà essere effettuato per un anno, non resterà quindi al presidente altro che le dimissioni per uscire da una possibile futura crisi politica”.
Emmanuel Macron non si dimetterà prima della fine del suo mandato. Il presidente della Repubblica francese si è impegnato a concludere il proprio mandato presidenziale fino a maggio 2027, anche se il suo campo si trova in una posizione delicata a una settimana dalle elezioni legislative che potrebbero costringerlo alla convivenza con un governo di estrema destra.
In una lettera aperta alla stampa, Macron ha ammesso che “il modo di governare deve cambiare profondamente. Il prossimo governo, che rifletterà necessariamente il vostro voto, riunirà, spero, repubblicani di diverse sensibilità che avranno saputo con il loro coraggio opporsi agli estremismi”, si legge nella lettera ai francesi.
Macron smentisce così le voci, rilanciate da Marine Le Pen, di possibili dimissioni del capo dell’Eliseo di fronte a una situazione di crisi politica.
C’è chi ha sempre votato e lo farà anche questa volta, chi non lo ha mai fatto e continuerà a non farlo. I francesi a Roma sembrano vivere senza particolari patemi la chiamata al voto per le elezioni del 30 giugno e 7 luglio, convocate con lo scioglimento dell’Assemblea nazionale dopo la vittoria del Rassemblement National alle europee. L’impressione comunque è che siano tutti molto consapevoli del fatto che si tratta di uno snodo e che ci sono elementi di novità che potrebbero restituire un esito inedito come la vittoria della destra anche alle politiche. Manifestano molta curiosità su come andrà a finire, ma in generale mantengono il punto di vista più distaccato degli expat. Per certi versi si tratta di uno spaccato sorprendente, proprio alla luce dell’eccezionalità del momento. Per altri, in fondo, è la conferma di quanto ampiamente percepito con le europee: Marine Le Pen è riuscita a “normalizzare” la destra, che ormai è considerata un “pericolo per la democrazia” solo dall’establishment e dalle parti più ideologizzate della popolazione.
Domenica 30 giugno l’esito del primo turno delle politiche si potrà seguire al Carrè Francais, raffinato locale nel quartiere Prati, dove i francesi ritrovano – e gli italiani scoprono – i sapori d’Oltralpe tra boulangerie, ristorante e vendita di prodotti nazionali di qualità. L’appuntamento per la “Serata elettorale” è alle 18.30 per poi aspettare insieme la chiusura delle urne e i primi exit poll attesi per le 20, degustando un buffet a tema che declinerà le proposte culinarie giocando sulle identità politiche. Nell’attesa di vedere come finirà, per capire quali sono gli stati d’animo della vigilia, possiamo ascoltare clienti e personale di questa sorta di ambasciata informale nel cuore di Roma.
Mark lavora in sala. Parla bene italiano, ma ogni tanto usa qualche termine spagnolo. È a Roma da pochi mesi, qui c’è la sua famiglia. Negli ultimi quattro anni è stato in Francia, nei precedenti venti a Madrid. È nato a Strasburgo e non ha mai votato. Non lo farà neanche stavolta, perché, dice, “non credo che la mia vita cambierà. Sono uno spettatore’’, ma ha ben chiaro che “è in atto un cambio radicale: per la prima il confronto è tra l’estrema destra e l’estrema sinistra. “Penso che la gente ritenga che Bardella sia meglio di Macron, per questo lo hanno votato alle europee. C’è voglia di un cambio. La destra non ha mai governato e dunque la gente è disposta a metterla alla prova, ad affrontare la sorpresa. Non è più come in passato, non c’è più l’immagine del padre”, dice, riferendosi a Jean-Marie Le Pen. Con Marine “c’è stato un cambiamento radicale. Oppure no,. Questa è la sorpresa”.
Coraline è una cliente abituale. È nata a Roma, ma all’età di 3 anni i suoi genitori si sono separati ed è andata a vivere in Francia, a Parigi, dove ha fatto base stabile fino ai 20 anni. Poi la base è diventata Roma e Parigi è diventato il posto in cui tornare per le feste comandate e per stare con la famiglia di origine. Ci va regolarmente diverse volte durante l’anno. È sposata con un italiano e ha due figli in età scolare, che la tengono parecchio impegnata. Faceva l’avvocato, con la nascita del secondo figlio ha interrotto la professione, pur riprendendo poi più avanti a lavorare in altri settori.
Voterà convintamente e racconta di aver incontrato una certa fila di connazionali in ambasciata che si stavano attrezzando per poterlo fare. “Ho sempre votato e anche stavolta lo farò”, spiega. Ricorda i tempi in cui i francesi rispondevano coralmente alla chiamata contro l’avanzata della destra, allora incarnata da Jean-Marie Le Pen, mentre oggi “non so come andrà finire. Ho l’impressione che molti dicano che non voteranno per il partito di Marine Le Pen, ma poi lo faranno. Del resto, se ha preso tutti quei voti alle europee è evidente che la votano”. Di Jordan Bardella vuole capire fino in fondo la preparazione. “È molto giovane, dicono che stia studiando i dossier, ma abbiamo avuto poco tempo per conoscerlo. Sto seguendo la campagna elettorale per valutare al meglio”.
Alcune forze politiche in Francia parlano di un pericolo per la democrazia, lei lo vede? “No, questo assolutamente no. Se il Rassemblement National sarà votato, è chiaro che sarà espressione della democrazia, di quello che vuole la gente. E poi sono contenta che anche in Francia si affermi con questa forza la figura di una donna leader”.
Alle europee i francesi residenti all’estero hanno votato in controtendenza rispetto a quelli in patria. Nelle undici circoscrizioni elettorali estere la più votata è stata la candidata macroniana di Renaissance Valérie Hayer con il 21,99%, seguita con il 18,76% da Raphaël Glucksmann, leader del movimento francese Place Publique che in vista delle politiche si è unito al Nuovo fronte popolare. Al terzo posto con il 13,89% è arrivata Manon Aubry di La France insoumise di Jean-Luc Melenchon, il movimento che del Nuovo fronte popolare è insieme guida e zavorra, soprattutto per la piega antisemita emersa dopo il 7 ottobre. Al quarto posto sono risultati gli ecologisti con Marie Toussaint, che hanno ottenuto il 12,18% dei voti. Il Rassemblement National nelle circoscrizioni estere ha ottenuto solo l’8,30% dei voti, piazzandosi così al quinto posto. In Francia, con Jordan Bardella capolista, il Rn ha preso il 32% ed è risultato primo partito, dando il via al terremoto politico di oggi. Infine, c’è François-Xavier Bellamy dei Républicains che ha ottenuto l’8,28% dei voti, più di quelli nazionali. La partecipazione al voto nelle circoscrizioni estere è stata del 17,35%, mentre complessivamente ha raggiunto il 51,4%.