Sergio Mattarella ha lasciato Roma, dopo le fibrillazioni dei giorni scorsi, per raggiungere per qualche giorno la Maddalena. Mercoledì sarà a Genova, come annunciato, per l’anniversario della caduta del Ponte Morandi. Una pausa di relax che segna anche la distanza dalla scena politica in un momento in cui la palla non è nelle sue mani ma in quelle dei presidenti delle Camere e del presidente del Consiglio.
La richiesta di parlamentarizzare la crisi annunciata dal premier e confermata dalla Lega, per un pressing sui tempi, con la presentazione di una mozione di sfiducia, infatti, sposta la scena in un triangolo tra palazzo Chigi, Senato e Camera.
Il primo passaggio sarà dunque la scelta della data del dibattito al Senato. Nei palazzi istituzionali circola la data del 19-20 agosto, ma la decisione sarà presa dalla capigruppo convocata per lunedì pomeriggio. Intanto il M5s ha chiesto di anticipare la calendarizzazione dell’ultimo passaggio di voto, alla Camera, sul taglio dei parlamentari, ma al momento la capigruppo di Montecitorio non è stata ancora convocata.
Il secondo passaggio sarà il dibattito sulla fiducia. Conte, se non ci sono cambiamenti politici, potrebbe decidere di andare fino in fondo, chiedendo che i senatori votino per poi salire al Quirinale già sfiduciato, oppure potrebbe ascoltare il dibattito e, appena prima del voto, trarre le sue conclusioni e salire al Quirinale a dimettersi.
La differenza è procedurale più che politica. Il governo cadrebbe in ogni caso, ma diverso è avere un governo senza più fiducia, un altro è averlo con ancora la fiducia. In entrambi i casi solo dopo le dimissioni di Conte rientrerebbe in campo Mattarella. Che dovrebbe a quel punto indire le consultazioni.
Se non ci saranno novità nel corso del dibattito parlamentare sulla fiducia, le consultazioni saranno oltremodo rapide, visto che le posizioni saranno già state espresse in una sede istituzionale. Unica incognita potrebbe essere quale sarà il governo che porterà il Paese al voto.
Se la domanda di non avere questo governo alla guida del Paese in campagna elettorale si levasse da più parti, come già alcuni partiti hanno cominciato a chiedere, si potrebbe valutare l’ipotesi di dar vita in tempi rapidissimi a un esecutivo elettorale, per sciogliere le Camere comunque in tempi brevi; la composizione dell’esecutivo a quel punto dovrebbe essere il più possibile condivisa da tutte le forze politiche e potrebbe avere una guida istituzionale.
Su questo il Quirinale non ha ancora abbracciato alcuna ipotesi, tutto dipenderà dal dibattito in aula al Senato e dalle decisioni che assumerà Conte: quando il Presidente sentirà il dibattito parlamentare e consulterà i partiti, se qualcuno porrà ufficialmente la questione la affronterà. Il Presidente infatti non anticipa decisioni prima che la situazione non sia chiara e troppe sono ancora le incognite, sul piano istituzionale, politico ed economico.