L’economia italiana rallenta. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil è cresciuto dello 0,2% contro il +0,3% dei due trimestri precedenti e il +0,4% di metà 2017. Su base annua le cose sono andate un po’ meglio, con una crescita dell’1,2% che l’Istat ha rivisto al rialzo rispetto alle prime stime. Ma il ritmo non è comunque soddisfacente per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che ambisce a numeri ben più alti, del 2 o del 3%, da raggiungere anche a costo, se ce ne fosse necessità, di sfondare il famigerato tetto del 3% di deficit. Parole che cadono in una giornata tesa sui mercati con lo spread in rialzo fino oltre quota 290 punti mentre Fitch rivede al ribasso le prospettive da ‘stabili’ a ‘negative’, confermando però il rating ‘BBB’.
Per l’agenzia di rating il debito pubblico dell’Italia rimarrà ”molto elevato”, lasciando il paese ”più esposto a potenziali shock”. Lo afferma l’agenzia di rating Fitch in una nota, in cui sottolinea fra le criticità la ”natura nuova e non collaudata del governo, le considerevoli differenze politiche fra i partner della coalizione e le contraddizioni fra gli elevati costi dell’attuazione degli impegni presi nel ‘Contratto’ e l’obiettivo di ridurre il debito pubblico. Non è chiaro come queste tensioni politiche saranno risolte”. ”L’avversione di alcune parti del governo” dell’Italia ”nei confronti dell’Ue e dell’euro rappresentano un ulteriore rischio” per l’Italia. Nonostante questo ”riteniamo bassa la probabilita’ che il governo avanzi politiche che minaccino un’uscita” dall’Europa o la ”creazione di una moneta parallela”.”Non ci aspettiamo che il governo” dell’Italia ”duri l’intero mandato, e vediamo un aumento della possibilità di elezioni anticipate dal 2019”. Lo afferma Fitch in una nota, sottolineando come ”il rischio di elezioni anticipate renderà più difficile per i partiti fare compromessi che alienino le loro basi politiche”.
“L’agenzia Fitch lascia invariato il suo rating sul debito italiano. Riteniamo questa valutazione ampiamente giustificata alla luce delle attuali condizioni della nostra economia. Ovviamente c’è attesa che venga definito il Documento di economia e finanza del governo e che gli impegni di bilancio per il prossimo anno siano rispettati e le riforme strutturali già annunciate siano attuate”. E’ quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi. “Siamo certi che ci saranno valutazioni integralmente positive, senza alcuna riserva, non appena questi impegni verranno ufficializzati nel Def in preparazione che confermerà l’impegno a proseguire nel percorso di riduzione del debito italiano, come peraltro già più volte comunicato, a realizzare efficaci prospettive di crescita economica e di sviluppo sociale del Paese”.
La frenata dell’economia italiana è dovuta soprattutto al calo delle esportazioni. Tra aprile e giugno le vendite all’estero di prodotti made in Italy sono diminuite dello 0,2% segnando un duro colpo per un’economia votata all’export come la nostra. Nello stesso periodo le importazioni sono invece aumentate di ben l’1,8%. I consumi non hanno registrato grandi sommovimenti, con un lieve +0,1%, mentre gli investimenti sono cresciuti di un significativo 2,9%. La certificazione dell’Istat complica i calcoli in vista della messa a punto della Nota di aggiornamento al Def e della manovra. La Nadef è quest’anno un documento cruciale considerando che le stime di primavera sono state fatte dal governo precedente, limitatosi a disegnare il quadro macroeconomico a legislazione vigente, senza nessuna indicazione di tipo politico. Entro il 27 settembre il Ministero dell’Economia dovrà dunque tirare fuori dal cilindro le nuove proiezioni, quelle del 2018, riviste e corrette alla luce del rallentamento economico, e quelle del 2019 entro le quali si dovrà muovere la legge di bilancio del prossimo anno. Il nuovo livello del deficit scritto nero su bianco nella Nota permetterà dunque di capire quali saranno a grandi linee i margini di manovra che Lega e Movimento 5 Stelle avranno per iniziare quantomeno ad implementare i punti cardine del contratto di governo: flat tax, reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni. Proprio oggi la viceministra all’Economia Laura Castelli ha affermato che per il reddito di cittadinanza “siamo in zona cesarini, stiamo affinando il lavoro” confermando che risorse ci sono.
Ma, nonostante il gioco al rialzo portato avanti dalle due forze gialloverdi, Giovanni Tria rimane fermo sulle sue posizioni, le uniche che, secondo il responsabile del Tesoro, possono permettere all’Italia di approvvigionarsi sul mercato con una certa tranquillità, malgrado i recenti rialzi dei rendimenti nelle aste e nel mercato secondario dove lo spread è salito a 290 punti per il Btp decennale e oltre i 200 per i titoli a scadenza tra 24 mesi. Il debito dovrà continuare il suo percorso di discesa, probabilmente un po’ più lento rispetto al quadro tendenziale di aprile (al 128% del Pil nel 2019), ma indiscutibile. Allo stesso tempo non dovrà peggiorare il deficit strutturale, quello a cui guarda l’Europa e che influisce anche sull’andamento del debito. Nel Def il saldo era dato all’1% del Pil nel 2018 e allo 0,4% nel 2019. Non peggiorare quei numeri significherebbe avere un margine dello 0,6%, pari a 10 miliardi di euro, quanto servirebbe, più o meno, a sterilizzare gli aumenti dell’Iva. Le cifre sono tuttavia ancora aleatorie, suscettibili di modifiche visto che a cambiare sarà, con ogni probabilità, il dato sull’andamento dell’economia. Ad aprile si ipotizzava infatti una crescita all’1,5% ma, secondo lo stesso Tria, quest’anno non si dovrebbe andare oltre l’1,2% per poi scendere ancora all’1/1,1% nel 2019.
Il ministro tornerà dalla Cina domenica. Lunedì comincerà a fare il punto al ministero, dove si è già cominciato a lavorare a livello tecnico, e venerdì e sabato incontrerà i suoi omologhi europei e i rappresentanti della Commissione a Vienna, per Eurogruppo ed Ecofin. Ufficialmente l’Italia non è sul tavolo dell’incontro ma ciò non esclude che se ne possa parlare in via preventiva. L’Ue aspetta di vedere cosa sarà scritto nero su bianco sul programma di stabilità da inviare a Bruxelles entro metà ottobre, ma – all’ennesima ipotesi di sforamento del 3% prospettata da Giorgetti – ribadisce che le regole sono uguali per tutti, margini di flessibilità ci sono e l’Italia, si fa notare dalla Commissione, ne ha già usufruito. Annunciare che le regole non saranno rispettate può tuttavia essere un elemento di preoccupazione per l’Ue e anche per i mercati.