Lega: malcontento per la gestione di Matteo Salvini: ‘No a ‘Lega per Salvini premier’ alle europee. Modificare il simbolo’

Il centrodestra vince in Abruzzo dopo la debacle per un pugno di voti in Sardegna, anche se la colazione aveva primeggiato su quella di centrosinistra, ed ancora una volta a soffrire è la linea politica della Lega, in particolare di Salvini, che accusa un altro passo falso ed esce ridimensionata dalle urne rispetto a cinque anni fa.

Una sconfitta che brucia, perché 20 punti in meno rispetto al voto del 2019 sono un risultato disastroso che parla da solo e che interroga lo stato maggiore di quello che un tempo era l’orgoglioso Partito del Nord.

Ancora una volta si conferma il travaso di voti verso Fratelli d’Italia, contenitore politico che ha ormai scalato il Carroccio dall’autunno 2022

La politica moderata di Antonio Tajani comincia a portare frutto dato che FI quasi doppia la Lega.  Matteo Salvini plaude alla “bella vittoria del centrodestra in Abruzzo” riuscendo a vedere, non si sa come vista l’evidenza dei numeri, “un buon risultato per la Lega che supera i 5Stelle e la sinistra  sconfitta. Il fronte interno, soprattutto veneto che vorrebbe Zaia alla guida del partito perché sarebbe in grado di essere un’alternativa alla stessa Meloni, tanto più che “gli errori” di Salvini  sono evidenti.

Cinque anni fa la Lega totalizzava in Abruzzo addirittura il 27,5%, ed aveva di gran lunga la gold share della coalizione, mentre adesso è il fanalino di coda attestandosi al 7.6%. I timori in via Bellerio a Milano, dove c’è la storica sede dei leghisti, crescono in vista delle Europee perché non si vedono i segni dell’inversione di tendenza. Il raffronto a giugno col risultato di cinque anni fa rischia di costare caro a Salvini che deve fronteggiare una base sempre più disorientata che da tempo reclama una svolta perché con le attuali parole d’ordine si va a sbattere. Come gli elettori da tempo stanno segnalando con il loro voto.

Del resto, rimbombano ancora le parole de L’europarlamentare leghista, il trevigiano Gianantonio Da Re,  è stato espulso la scorsa settimana dal partito per avere affibbiato un epiteto al segretario. “Ci sarebbero tante opportunità – spiega il deputato a Bruxelles – ma io ho spiegato chiaramente che non uscirò dalla Liga Veneta-Lega Nord, perché questo è il mio partito. Loro mi hanno buttato fuori dalla Lega Salvini Premier, anzi vicepremier. Io voglio rifondare la vera Lega, la Lega Nord, che non c’entra con la Lega di Salvini. E vorrei come nostro leader Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli”. A pensarla come lui sono in tanti nel profondo Nord e tanti sono convinti che il giorno del redde rationem comincerà lunedì 10 giugno quando ci sarà lo spoglio.

Se tutti riconoscono a Salvini di avere salvato la Lega quando nel 2013 la prese al 4%, gli stessi puntano il dito contro di lui per averla snaturata traghettandola verso una destra estrema che non è nelle corde di quell’elettorato moderato da sempre bacino della Liga-Lega. A Salvini va dato merito per il lavoro svolto, ma è necessario che adesso faccia un passo di lato per il bene del movimento, concentrandosi sulle responsabilità di governo. In realtà il segretario   non ha alcuna intenzione di farsi da parti ed è convinto di potere risalire la corrente per dimostrare che la sua leadership non è appannata, anzi è convinto di riuscire a traghettarla di nuovo verso un futuro radioso.

Paolo Grimoldi è un esponente di vecchia data della Lega e ora  chiede di togliere il nome di Matteo Salvini dal simbolo del partito per evitare lo sfacelo alle elezioni europee. “Bisogna capire qual è il nostro progetto politico o darci un progetto politico. Non possiamo chiamarci ‘Lega per Salvini premier’ quando in Sardegna prendi il 3% ed è chiaro che avere o non avere il premier non può essere un progetto politico. Quindi, modificare subito il simbolo prima delle europee per evitare la debacle elettorale e darsi un progetto politico chiaro e definito”, ha detto l’ex deputato del Carroccio – incarico che ha coperto per quattro legislature.

Dopo il risultato in Abruzzo – che ha visto sì la vittoria del centrodestra, ma delle percentuali risicate per la Lega – Grimoldi ha parlato della svolta che servirebbe per rilanciare il partito: “Non puoi fare un cartello elettorale dove qui candidi dentro il simbolo della Lega gli uomini di Cesa dell’Udc, Patriciello che fino alla settimana scorsa era un tesserato di Forza Italia, che in Regione Molise ha fatto una lista civica che sostiene il centrodestra e in Campania una civica che sostiene il centrosinistra e il Pd. E poi in Europa fai parte di un gruppo con Alternative für Deutschland, che è l’estremissima destra. Francamente, non si capisce niente. Spero che non si arrivi mai a una resa dei conti nella Lega. Spero che prevalga il buonsenso, che Salvini che ha fatto un ottimo lavoro comprenda la situazione politica, con la ‘p’ maiuscola, faccia un passo di lato, vada avanti a fare il vicepremier e il ministro che c’è tanto lavoro da fare, ma dia la possibilità alla Lega di sopravvivere guardando avanti, riformulando la sua proposta politica o dandosi finalmente dopo qualche anno una proposta politica”.

In altre parole, per rinnovarsi il partito ha bisogno di un cambio di leadership, visto che le cose non stanno più funzionando a dovere. Rispondendo a una domanda sul malcontento interno alla Lega, Grimoldi ha sottolineato: “Più che altro c’è realismo. Non ci si capacita del perché non si siano fatti i congressi, ad esempio in Lombardia. Come può una forza politica autonomista e federalista, o almeno questa dovrebbe essere l’aspirazione, ad avere dei segretari che non sono segretari ma commissari nominati a Roma, che il territorio non ha mai votato, non ha mai condiviso e sui quali non si è mai confrontato? Già questa è una contraddizione in termini. In più sono 9 anni che in Lombardia non viene fatto il congresso. La base è assolutamente disorientata. I problemi sono su due binari. Il primo è politico: manca un progetto politico. L’altro è di gestione interna: dove non c’è più un movimento di territorio, non si coinvolge più il territorio”.

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