Lega tra Cassazione e ‘beni’ di Bossi

‘E’ onere dell’imputato Umberto Bossi indicare al Pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rinvenuti in disponibilità della Lega ma, secondo il ‘Senatur’, esistenti’, lo dice la Cassazione nelle motivazioni di conferma del sequestro di beni personali di Bossi fino a 40 milioni, e lo esorta a dire dove sono finiti i soldi che – secondo l’accusa – ha truffato allo Stato. L’ex leader ha sostenuto che i milioni ci sono senza però dire dove. Affermazioni, sottolinea la Cassazione, allo stato del tutto prive della benché minima specificità. La discrasia tra i 40 milioni per i quali e’ stato chiesto e già attuato il sequestro dei beni di Bossi – si tratta di un quinto della pensione da europarlamentare, e di terreni e immobili a Gemonio – e i 49 milioni di euro per i quali la Cassazione tre giorni fa ha dato il via libera al sequestro delle somme in futura disponibilita’ della Lega, è dovuto al fatto – secondo alcune fonti – che a Bossi e agli altri coimputati condannati con lui in primo grado sono state ‘scalate’ le somme già messe sotto sequestro. Si tratta di circa due milioni trovati sul conto suo e su quello dell’ex tesoriere Francesco Belsito, degli altri beni sequestrati, e di quasi due milioni di euro bloccati alla Lega.

    Nel ricorso in Cassazione, Bossi ha cercato di ottenere il dissequestro dei suoi beni, convalidato dal Tribunale del riesame di Genova lo scorso dicembre, sostenendo che il disco verde alla richiesta del pm, di sequestrare alla Lega somme di denaro eventualmente disponibili in futuro, farebbe venire meno l’esigenza del sequestro disposto sui suoi averi. Gli ‘ermellini’ hanno invece bollato la tesi come manifestamente infondata, costituendo dato allo stato meramente ipotetico ed assertivo che il sequestro in danno della Lega conseguente all’accoglimento del ricorso del pm possa portare all’apprensione di tutti i 49mln. In ogni caso, prosegue il verdetto, se mai tale evenienza dovesse effettivamente concretizzarsi, Bossi potrà far valere il sopravvenuto carattere indebito del sequestro dei suoi beni ‘aggredibili’ non oltre la cifra di 40mln. Ad avviso della Cassazione, e’ legittimo, ed anzi doveroso aggredire anche, per equivalente, i beni personali dell’imputato sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva. Al ‘padre’ del Carroccio, inoltre, la Suprema Corte dice che sarebbe suo onere indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rivenuti in disponibilità della Lega Nord ma, secondo il ricorrente, esistenti. Sul punto – rileva infine il verdetto – le affermazioni di Bossi appaiono, peraltro, del tutto prive della benché priva specificità.

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