“Promuovere la corretta applicazione e l’aggiornamento della legge 194/1978, per poter garantire a tutte le donne, senza ostacoli di alcun tipo, il rispetto del diritto alla salute riproduttiva”: questo l’obiettivo dell’Intergruppo parlamentare per la Salute Riproduttiva e l’Interruzione Volontaria di Gravidanza, al quale hanno aderito 16 parlamentari di +Europa, PD, Alleanza Verdi e Sinistra e M5S, ma nessun esponente della maggioranza al Governo.
L’Intergruppo nasce grazie ad una petizione presentata in Parlamento dall’Associazione (per i diritti del malato e la libertà di ricerca scientifica) Luca Coscioni, in cui si richiedeva la pubblicazione, trasparente e accessibile, dei dati in riferimento all’ applicazione della legge 194. A 45 anni dalla sua approvazione, non è dato conoscere le regioni in cui è possibile abortire senza impedimenti, né tantomeno i metodi contraccettivi risultano accessibili come nel resto d’Europa.
Gli ultimi aggiornamenti sulla Ivg (Interruzione volontaria di gravidanza) risalgono al 2020: tre anni fa, più di metà dei ginecologi italiani erano obbiettori (64,6 % contro il 67% del 2019); lo erano anche il 44,6% degli anestesisti e il 36,2 % del personale non medico; le Ivg potevano essere effettuate solamente nel 62% degli istituti ospedalieri. Torna alla mente il ‘modello Marche’, come lo aveva definito l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini: nel primo, ristretto laboratorio politico della destra poi eletta al Governo, altissime percentuali di obiettori e completa mancanza di Ru486 (pillola abortiva) nelle strutture adibite alla sua somministrazione. Fratelli d’Italia aveva risposto alle accuse, facendo affidamento sulle pericolosità dell’aborto farmacologico e sull’inattendibilità dei dati presentati da attiviste ed influencer. Se l’intento, però, è sempre stato quello di tutelare la salute della donna, come si spiega la mancata adesione a quella che poteva essere “un’opportunità di sinergia e collaborazione sincera in favore dei cittadini”, come dichiarato da segretaria e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni?
Giorgia Meloni parlava di ‘diritto a non abortire’ prima ancora di essersi assicurata che quello ad interrompere una gravidanza fosse solidamente riconosciuto e assicurato su scala nazionale. Far sentire il battito del feto ad una donna in procinto di abortire, come successe in Umbria, significa davvero mostrare magnanimamente altre vie da percorrere? Il ‘diritto a non abortire’ è sempre esistito: la vera sfida sta nella tutela di nuovi diritti, che non sono necessariamente espressione di un disagio economico o sociale, ma talvolta ideologico ed esistenziale. Espressione di libertà per donne che, usando una frase della ministra Roccella, non hanno alcuna intenzione di ‘dividersi’ in due vite distinte e preferiscono rimanere ‘individuo’.
Le firme per la petizione dell’Associazione Luca Coscioni continuano a crescere, nell’attesa che anche l’altra metà di Parlamento possa aprirsi al sano confronto. Perché le parti, in fondo, concordano in un unico punto: davanti alla vita delle persone, non c’è gioco politico che tenga.
di Alice Franceschi