Le tensioni degli ultimi giorni fra Luigi Di Maio e il ministro dell’Economia Giovanni Tria attengono quasi totalmente alla sfera politico-elettorale: il capo politico dei 5 Stelle ha bisogno di alzare la voce sui temi cari al Movimento per tenere unito l’elettorato, ma il titolare del Mef è blindato da Mattarella e da Paolo Savona, che lo ‘impose’ dopo la bocciatura personale da parte del Quirinale.
Al di là delle tensioni, dunque, si lavora per cercare di far quadrare i conti fra le misure care ai due partiti di maggioranza e le relative coperture economiche. Il limite imposto da Bruxelles del 1,6% di deficit, Tria lo supererà con una forbice che va dal 2 al 2,2% per poi scendere a trattativa. Intanto, il ministro del Tesoro sta aspettando i conti della Ragioneria di Stato per vedere quali possono essere i tagli e i risparmi da fare. Il 24 settembre dovrebbe scoprire le carte.
Restano lontane le posizioni di Lega e M5S sulla cosiddetta pace fiscale, che i grillini vedono più come un classico condono. Il vicepremier Luigi Di Maio a Radio 24 è tornato sulla questione della pace fiscale cara alla Lega, chiarendo che il Movimento 5 Stelle non è d’accordo su uno scudo fiscale, non vogliamo far rientrare i capitali dei mafiosi e dei corrotti dall’estero: ‘Un milione di euro è una soglia troppo alta come tetto entro il quale consentire ai contribuenti di sanare i contrasti con il fisco pagando un’aliquota molto bassa. Chi evade il fisco deve andare in galera, sta nel contratto quindi si deve fare’.
Mercoledì sera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti ha però confermato che per il Carroccio, come anticipato sabato scorso dal sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci, sulla pace fiscale il tetto dovrebbe essere più vicino al milione che ai centomila euro perché noi pensiamo all’imprenditore in difficoltà.