Lunedì incontrerà a pranzo il leader dell’Udc Pierferdinando Casini. Martedì sera cena con lo stato maggiore del Pdl con Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta. E poi sarà la volta di Bersani. Il piatto che Mario Monti servirà agli esponenti politici della sua ‘strana maggioranza’ sarà sempre la legge di stabilità. Il premier, dopo le critiche di A,B, C parti sociali e mondo imprenditoriale, ha deciso di ammainare l’ascia da guerra e si di pronto ad ascoltare i suggerimenti di chi lo critica. Il professore, come ha ripetuto anche da Bruxelles, è aperto ad eventuali modifiche della legge di stabilità ma i saldi non si toccano. “La legge di stabilità è un documento portante della strategia di governo e non credo che vada giù come un bicchiere d’acqua. Il fatto che ci siano alcune considerazioni critiche non ci sorprende, e siamo disponibili a valutare tutte le modifiche che verranno proposte. Siamo pronti – ha spiegato Mario Monti – a modificare la legge in Parlamento. Purché i saldi rimangano invariati”. Il ragionamento del premier è semplice: se non si vuole aumentare l’iva ed evitare l’effetto retroattivo di deduzioni e detrazioni, i punti più controversi del pacchetto, i partiti dovranno indicare dove prendere i soldi di queste mancate entrate perché i saldi non potranno assolutamente cambiare. Una mossa, questa del presidente del consiglio, che ancora una volta spinge i partiti in un vicolo stretto perché, accettando modifiche, li obbliga a giustificare, alla vigilia di una dura campagna elettorale, interventi che incidono sui già disastrati bilanci familiari.
La Legge di Stabilità vale 12,8 miliardi di euro e tra i punti più controversi c’è il ritocco a detrazioni e deduzioni che avranno effetto retroattivo. Una scelta che che vale 1,9 miliardi solo per il 2013. Ma sul tavolo ci sarà anche il taglio dell’Irpef. La perdita di gettito cui il governo ha deciso di sottoporsi facendo calare le aliquote più basse vale per il 2013, comprese le addizionali regionali e comunali e la tassazione sul Trattamento di fine rapporto, circa 4,2 miliardi nel 2013, che diventano 6,6 nel 2014 e 5,9 nel 2015. Quanto al taglio dell’Iva per sei mesi, a partire dal luglio 2013, il minor gettito è di 3,3 miliardi. Nel complesso, dunque, il grosso dei tagli fiscali predisposti dal governo (Irpef+Iva) ha un valore per il 2013 di 7,5 miliardi, cui va aggiunto quello che l’esecutivo ha riservato all’aumento della detassazione di produttività: 1,2 miliardi per il 2013 (400 nel 2014). Il totale delle entrate che il governo ha deciso di non incassare è dunque di 8,7 miliardi.