La riforma della legge elettorale divide il Partito Democratico. Bindi e Parisi bocciano la bozza Violante sostenuta da D’Alema e Bersani. Tutti concordano sulla necessità di cambiare il ‘porcellum’ ma il partito è diviso in due sulla bozza Violante. L’invito all’unità lanciato dal segretario dei democratici, durante la direzione nazionale del partito, riunito oggi al Nazareno, è durato poco.
Per Massimo D’Alema, serve una legge elettorale che permetta di votare un partito e non una coalizione, lasciando poi alla forza di maggioranza relativa il compito di formare una maggioranza in Parlamento. “Il vero inganno degli elettori – spiega l’ex presidente del consiglio – è fare coalizioni che poi non sono in grado di governare. Un grande partito deve candidare sé stesso a governare l’Italia, poi se gli elettori non ci danno la maggioranza assoluta, il partito cercherà le forze più affidabili per formare il Governo”. Idea che non piace all’area ‘democristiana’ del Pd.
Il primo a tuonare contro la bozza Violante è Arturo Parisi. Per il professore ‘prodiano’ il Pd deve cambiare rotta e “azzerare” la proposta Violante. “Bersani deve avere il coraggio di riconoscere che la legge che Violante, sotto la guida di D’Alema, a nome del partito sta cercando di varare assieme a Berlusconi e Casini, rappresenta il rovesciamento della ispirazione che ha accompagnato la nascita del Pd e che è ancora depositata nelle carte e nelle delibere ufficiali del partito”, dice il deputato durante la direzione del partito. Secondo Parisi, “al posto di una legge che consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e il governo che si propone alla guida del paese, il gruppo dirigente del Pd cerca da tempo di imporre con l’aiuto di Berlusconi e Casini, per di più in modo dissimulato, il mantenimento nelle mani dei capipartito della nomina della maggioranza dei parlamentari, aggiungendo a questo la delega a decidere del governo alle spalle degli elettori”.
Gli fa eco il presidente del partito. Rosy Bindi concorda con il suo segretario di riformare la legge elettorale ma, subito precisa, “non mi convince la bozza Violante e non sono d’accordo con l’impostazione di D’Alema”. “Un conto è chiedere i voti per un partito e il suo programma di governo, altro è lasciare ai partiti le mani libere dopo il voto per formare le alleanze”, spiega la deputata. “Come si fa una campagna elettorale senza dire ai cittadini – si chiede la Bindi – chi sono i nostri alleati e con chi vogliamo governare? Lo considero un passo indietro che non farebbe bene alla politica, al Pd e al bipolarismo”. E se queste sono le premesse di quell’unità sbandierata oggi al Nazareno, Bersani dovrà lavorare ancora molto per non spaccare il partito su una necessaria riforma elettorale per mandare definitivamente in soffitta il ‘porcellum’.