Legge sulla parità di genere, da due anni in Parlamento

Mentre le donne scendono in piazza contro le violenze e le discriminazioni nei loro confronti con lo slogan ‘Non una di meno’ è al palo in Parlamento da due anni la legge quadro per la parità di genere.

Il testo, a prima firma della parlamentare del Pd Antonella Incerti, e sottoscritto da un folto gruppo di deputate Dem, è stato infatti presentato a Montecitorio il 13 novembre del 2014, ma non ne è ancora stato avviato l’esame.

Il provvedimento prende le mosse dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, adottata dall’Italia nel giugno 2013. E ha come obiettivo la rimozione di ogni forma di disuguaglianza pregiudizievole, nonché di ogni discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle persone, in particolare delle bambine, delle ragazze e delle donne, che di fatto ne limiti la libertà e impedisca il pieno sviluppo della personalità e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale.

Il testo prevede che lo Stato sostenga progetti e iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università volti a perseguire gli obiettivi di educazione e di formazione alla cittadinanza di genere e alla cultura di non discriminazione, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale.

Lo Stato si impegna ad assumere tutti gli strumenti necessari alla promozione di un uso non sessista della lingua. Tutela il diritto alla salute garantendo parità di trattamento e di accesso alle cure con particolare riguardo alle differenze di genere e alle relative specificità.

Lo Stato opera per prevenire ogni tipo di violenza e discriminazione di genere in quanto lesivo della libertà, della dignità e dell’inviolabilità della persona; riconosce la violenza alle donne come fenomeno sociale e culturale da contrastare in tutte le sue forme, come violazione dei diritti umani ed espressione di una cultura discriminatoria e stereotipata basata su relazioni di potere diseguale tra uomini e donne; promuove la cultura e l’educazione nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, delle differenze di genere e dell’uguaglianza tra uomini e donne; sviluppa politiche di prevenzione e di sostegno alle vittime e ai minori coinvolti, nonché programmi di recupero degli uomini maltrattanti.

 Le regioni riconoscono la funzione essenziale dei centri antiviolenza e li sostengono nella loro azione di supporto e rafforzamento dell’autonomia delle donne offese da violenza mediante progetti personalizzati tesi all’autodeterminazione, all’inclusione e al rafforzamento sociale.

 Per favorire il raggiungimento dell’uguaglianza tra i sessi ai fini della prevenzione contro la violenza sulle donne, lo Stato sostiene e promuove specifici progetti e servizi sperimentali dedicati agli uomini maltrattanti, affinché attivino nuove modalità relazionali che escludono l’uso della violenza nelle relazioni intime.

 Lo Stato attua interventi per minori testimoni di violenza di genere finalizzati al superamento del trauma subìto e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali.

 Lo Stato, ai fini delle proprie politiche di genere, considera fondamentale promuovere un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione fin dai primi anni di vita affinché i messaggi, sotto qualunque forma e mezzo espressi, discriminatori o degradanti basati sul genere e gli stereotipi di genere siano compresi, decodificati e superati.

 

 

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