L’Election Day’ e Trump presidente degli Usa

‘Donald Trump, il futuro presidente degli Stati Uniti, farà l’America di nuovo grande e sicura’,   ha detto a Filadelfia Melania Trump, la moglie del magnate newyorchese, nel suo primo e unico intervento nella campagna per il marito, dopo le critiche per aver copiato da Michelle Obama il discorso alla Convention repubblicana. Melania ha aggiunto che questa non è una campagna normale ma un movimento nel quale la gente si sente coinvolta e dal quale si sente ispirata, ‘come ho toccato con mano anch’io’. La signora Trump ha raccontato in particolare la propria storia di modella di origini slovene riuscita a realizzare il suo sogno emigrando legalmente in America, Paese simbolo di libertà e opportunità che l’ha ispirata in particolare sin dai tempi della presidenza Reagan. Poi ha elogiato il marito, le sue doti di imprenditore di successo, di padre amorevole, marito esemplare. ‘Sarò una sostenitrice delle donne e dei bambini’, se diventerò first lady. Uno dei temi prioritari su cui si impegnerà, ha aggiunto, sarà il cyberbullismo. ‘Le conseguenze di una vittoria di Donald Trump sull’Europa? Terribili. Non voglio nemmeno pensarci’, ” dice la politologa della Columbia University Nadia Urbinati, in partenza per l’Italia dopo aver approfittato dell’opzione del voto anticipato negli Usa. C’e’ una dimensione populista in Europa molto forte, anche se di diversa natura, una Marine Le Pen non e’ la stessa cosa di Viktor Orban,  e tuttavia sono uniti nella convinzione che la Ue sia elemento di disgregazione, non di benessere, spiega Urbinati, autrice di studi sul populismo e da ultimo, con David Ragazzoni di ‘La vera Seconda Repubblica’. Un Trump alla Casa Bianca potrebbe rafforzare le loro voci a meno che non accada che, per reazione, le voci più prudenti nella Ue comincino a rimboccarsi le maniche e a lavorare per una vera unione politica. Se non lo faranno, gli altri avranno partita vinta. Trump e’ profondamente anti-Ue, nel senso dei populisti americani che dal secondo dopoguerra accusano l’Europa di essere poco riconoscente a chi li ha liberati dal nazismo e di succhiare sangue e contributi perché non investono nella politica internazionale ma usano i fondi per ridistribuirli nello stato sociale.  Trump, spiega Urbinati,  non e’ una cometa, e nemmeno è un fungo che nasce all’improvviso. Il tycoon della Fifth Avenue arriva da una forte tradizione populista che in America, a differenza dell’Europa, nasce come forza positiva, come una sana riappropriazione dei cittadini ordinari della cosa pubblica e di rivolta contro i ‘fat cat’, i ‘pezzi grossi’ della politica e dell’economia. Poi pero’ il populismo si e’ imbarbarito in chiave razzista e Trump su questo tronco di pensiero ha inserito una novità capovolgendo le regole del linguaggio pubblico con il suo attacco al ‘politically correct’. Ha sdoganato un modo di parlare degli altri in pubblico che e’ tranquillamente offensivo e tranquillamente sincero.   Questo, secondo Urbinati, continuerà anche se non viene eletto. Il partito repubblicano è tutto volto a contenere i ‘danni collaterali’ della controversa candidatura Trump,  e a proteggere il voto per il rinnovo del Congresso, nella speranza di mantenere la maggioranza che i repubblicani detengono al momento. L’Election day, l’8 novembre, è quindi il giorno della verità per i repubblicani: gli americani sono infatti chiamati alle urne in 34 Stati per eleggere un terzo dei loro senatori (il Senato è composto da 100 senatori, due per ognuno dei 50 Stati dell’Unione) e per l’elezione di tutti i 435 deputati che siedono alla Camera dei Rappresentanti. Negli ultimi giorni si sono fatti sempre più accorati gli appelli a recarsi alle urne numerosi e a votare per deputati e senatori in lizza. Secondo l’analisi dei sondaggi elaborata da RealClearPolitics, due tra questi risultano già sul punto di cambiare colore, mentre per altri cinque la corsa è serratissima. Per quanto riguarda invece i 10 seggi al momento democratici, l’unico rischio che la ‘squadra di Hillary’ corre è in Nevada. Diversa la situazione per la Camera, dove la maggioranza repubblicana al momento è abbastanza solida (controllano 247 dei 435 seggi, con 218 necessari per decretare la maggioranza). I democratici hanno insomma bisogno di una valanga di voti per poter ribaltare la situazione. Hillary Clinton presidente con un Congresso a maggioranza repubblicana potrebbe avere vita più difficile anche di Obama con Capitol Hill contraria. L’opposizione a Hillary potrebbe essere ancora più spietata, nonostante lo stesso presidente in questi giorni si sia curato di sottolineare che probabilmente la candidata a succedergli farà meglio di lui nel dialogo e nel compromesso con l’opposizione. Non è detto però che il pesante bagaglio di Clinton glielo consenta. Dovesse vincere Donald Trump invece, è altamente probabile che il tycoon presidente potrà contare su Senato e Camera del suo stesso colore.

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