Che la Meloni dialoghi con il segretario del Pd non è una sorpresa. Lo stanno facendo dall’estate scorsa e i malpensanti dicono che avessero trovato un’intesa persino sulle amministrative di Roma, visto il candidato che la Meloni ha imposto al centrodestra. Ma al di delle dietrologie, il consenso largo di cui parlano i due segretari di partito, a proposito dell’elezione del prossimo Capo dello Stato, va salutato con favore. Perché se si realizzasse creerebbe la forma più alta di unità nazionale, in un momento storico contrassegnato dalla pandemia e da un’emergenza economica e sociale e sarebbe un passo decisivo verso la ricerca di un accordo capace di unire i due estremi. Questo dimostra che i partiti si stanno preparando alla corsa per il Quirinale. Allo stato è poco più che un’enunciazione di principio ma bisogna dar credito al progetto, anche se sarà difficile arrivare fino in fondo. Bisogna però chiarire, per coloro che non sono avvezzi al gioco politico, che questo dialogo mal nasconde l’idea di sbarrare il passo ad eventuali manovre centriste. Ma tale progetto basato sul consenso largo, avrebbe successo solo nel caso in cui si coinvolgessero le forze politiche che stanno in mezzo e che rappresentano la maggioranza del Parlamento. Un tale risultato non si raggiungerebbe se qualcuno, Letta o Meloni, tentasse di ascriversene la paternità. L’obiettivo finale sarebbe sempre quello di far convergere i voti su una figura autorevole e che goda prestigio a livello internazionale. Del resto queste sono le doti che si richiedono a un Capo di Stato. E per l’Italia in particolare, che non è uscita ancora dall’emergenza pandemica e deve necessariamente consolidare la ripresa economica, è una conditio sine qua non. Non dimentichiamo che il nostro Paese fa parte di quell’Occidente impegnato a contrastare l’espansionismo economico e militare cinese e con un’Europa che ancora non ha dismesso le vesti del convitato di pietra. Immaginare che l’elezione del Capo dello Stato, possa trasformarsi in uno scontro tra le forze politiche in campo o per un’eventuale successione a Palazzo Chigi, significherebbe bendarsi gli occhi e tapparsi le orecchie e far finta di non rendersi conto della realtà delle cose e l’immagine della politica agli occhi del Paese si screditerebbe ancora di più e farebbe saltare l’intero sistema. La formula del consenso largo ci fa intendere che i partiti sono consci del rischio che si corre e stanno cercando come pararsi. Cade anche il tabù che le forze politiche avrebbero atteso il varo della finanziaria. Mancano pochi giorni e gli enigmi da chiarire tanti. Il metodo del largo consenso potrebbe agevolare la scelta e dar fiato e forza al varo di una nuova legge elettorale che tenga conto del taglio dei Parlamentari. Ma bisogna anche dire che i partiti sino ad oggi sono stati superficiali e inadempienti e non hanno approfittato del governo dalle larghe intese, per riattrezzarsi in vista di riprendere la contesa. Al di là di un Parlamento ingessato e imbavagliato, il metodo del largo consenso potrebbe portare ad una rapida soluzione per il Quirinale. Ma le forze politiche sono mature per farlo?
Andrea Viscardi