Enrico Letta dice no al partito dei “personalismi” e rilancia annunciando due donne come nuovi capogruppo di Camera e Senato. Il segretario del Pd parla in una lunga intervista a “Il Tirreno” nella quale dice no ai veti ai 5 stelle sulle alleanze e avverte: “i circoli troppo spesso sono stati usati più per costruire carriere che per creare dibattiti. Non posso immaginare che nel nostro partito – dice tra l’altro Letta – ci siano solo volti maschili al vertice.
Non possiamo essere quelli con uomini al comando e donne vice, quando va bene. Servono leadership mischiate , specie adesso che in Europa ci sono Angela Merkel, Ursula Von der Leyen e Christine Lagarde. Per me questo è un passaggio chiave”.
Nell’intervista il segretario chiarisce che non c”è alcuna bocciatura per Delrio e Marcucci: “Sono tra le figure di maggior rilievo che abbiamo, hanno lavorato benissimo e potranno tornare utilissimi in altri ruoli. Siamo intorno alla metà della legislatura ed è giusto lasciare spazio a due donne”.
La presa di posizione del segretario va a scardinare un sistema di equilibri tra correnti articolato tra presidenti e vice nei gruppi. E non è stata affatto presa bene. A palazzo Madama c’è molta irritazione, a quanto si riferisce. I senatori più vicini ad Andrea Marcucci reagiscono a caldo con stizza, si dicono pronti a ‘sfidare’ il segretario e tentati di andare alla conta: “Vediamo, non è detto che Andrea non venga rieletto… e poi se il problema è la foto per la parità di genere, ma di che parliamo?”. Anche se il ragionamento tra i senatori dem è che difficilmente si andrà a uno scontro: “Non sappiamo cosa intende fare Marcucci, lui di certo ha i numeri ma arroccarsi e per di più sulla parità di genere non avrebbe senso”.
Per quanto riguarda il tema delle alleanze, Letta spiega: “Se si va da soli si perde. Vogliamo unire la sinistra e lavorare ad un discorso comune con i 5 stelle. Ma senza veti. Battere le destre sarà difficilissimo , non possiamo dividerci”. Da qui la considerazione che Renzi “sbaglia atteggiamento” sui pentastellati. “Noi vogliamo aprire alleanze, non mettiamo veti, non ne vogliamo”. Letta dice tra l’altro di essere stato particolarmente colpito dal messaggio che ha ricevuto da Giorgia Meloni. “E’ stata una telefonata molto corretta come deve essere tra maggioranza e opposizione . Le istituzioni si riformano insieme, è importante avere un buon rapporto”.
“Per vincere” le elezioni contro il centrodestra “dobbiamo comporre una grande alleanza in cui stia il M5S, che ha vissuto un’evoluzione europeista importante e positiva. La disponibilità di Giuseppe Conte di guidare il M5S è un a buona notizia e sono sicuro che ci capiremo. E’ mio dovere aprire quest’alleanza anche con chi ha lasciato il Pd”. Lo dice, in un’intervista al quotidiano spagnolo La Vanguardia, il segretario del Pd Enrico Letta. E a chi gli chiede se è sua intenzione aprire anche a Iv di Matteo Renzi Letta risponde: “Dipende da loro, io sono disposto a dialogare con tutti”.
Il senatore Eugenio Comincini di Italia viva passa al Pd. L’annuncio oggi su Facebook. “Ho chiesto di poter tornare nel Pd. Un anno e mezzo fa aderii ad Italia Viva”, scrive il parlamentare, “fu una scelta sofferta” per “costruire, fuori dal Pd, “una casa dei riformisti. Italia Viva oggi appare sospesa, non decisa su aspetti sui quali per me non può esserci confusione”. Secondo Comincini i campi politici, “continuano ad essere due: il centrosinistra, imperniato sul Pd, e il centrodestra, imperniato sulla Lega. Non c’è una terza via: io non vedo le condizioni perché possa nascere un soggetto centrista liberaldemocratico. Ritorno nel Pd senza etichette, con le mie idee e le mie convinzioni”, si legge ancora nell’annuncio dell’addio a Italia viva da parte senatore Comincini che sottolinea “rientro nel Pd da persona libera. Quella – aggiunge – che qualche giornalista chiama “transumanza” per me è libertà di assumere scelte difficili in un quadro politico che definire mutevole sarebbe riduttivo. Il tema giustamente posto da Enrico Letta dei cambi di casacca va affrontato alla radice: riconnettendo realmente gli eletti con la scelta degli elettori. Torno in pace, senza essere “cavallo di Troia” di nessuno, disponibile al confronto sulle idee”. “Un anno e mezzo fa non avevo chiesto garanzie né ho avuto nulla in cambio per la mia scelta. Come è naturale e giusto che sia, non le ho certo chieste ora che torno sui miei passi. – prosegue il senatore – Non è nel mio stile.
I sondaggi implacabilmente sotto il tre per cento non consigliano prudenza a Matteo Renzi. Tutt’altro. Il leader di Itavia Viva vede in crisi il suo ex-partito e decide di affrontarlo con manovre rapide ed improvvise inversioni di rotta per disorientare il nemico Da qui la quadruplice sfida su giustizia, Sud, diritti e lavoro al Pd.
«Siete dalla parte di diritto e civiltà giuridica o state con Bonafede e Travaglio? Al Sud si va avanti con assistenzialismo e reddito di cittadinanza o sbloccando le infrastrutture? I diritti ci si limita ad auspicarli o si fanno? Perché si è riformisti non se i diritti si evocano, ma se le riforme si fanno. Il lavoro lo creano le imprese, non i sussidi. Come fu con Jobs Act e decontribuzione». Renzi non resta indifferente al cambio della guardia al vertice del Nazareno. Saluta Enrico Letta come una «grande novità» rispetto ai tempi di Zingaretti, ma – aggiunge – «ora servono fatti». Del nuovo leader gli sono piaciuti il riferimento alla nuova legge elettorale, sebbene resti scettico che ne sarà approvata una diversa dall’attuale («non se ne farà niente»), e la condivisione senza riserve dell’agenda Draghi.
Sulla strada della svolta riformista del Pd Renzi vede l’ostacolo del M5S. «Siamo pronti al confronto su tutti i punti ma – avverte – va spezzata la catena di odio che c’è nella politica creata in questi anni da Beppe Grillo. Se la cultura riformista accetta di affrontare la sfida del 2023 con chi alimenta la cultura dell’odio, è una contraddizione in termini». Infine, la rivendicazione del ruolo di Iv. «Con il due per cento abbiamo dettato la linea: come è possibile? Si chiama politica. Il sondaggio è un istante – conclude Renzi -, non fonda e non crea cultura politica».