Al trionfo di Giorgia Meloni si contrappongono il crollo della Lega targata Salvini, un problema anche per il governo, e il flop del Pd, destinato ad implodere.
Trionfo per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, terremoto nel Pd di Enrico Letta e nella Lega salviniana: questo in estrema sintesi il dato delle elezioni politiche 2022, cui vanno aggiunti il buon risultato del M5s di Giuseppe Conte, terza forza in Parlamento, e la solo parziale affermazione del terzo polo di Calenda. Una situazione che avrà notevoli ripercussioni sul prossimo Parlamento, sulla composizione del governo e soprattutto, sul futuro dei due partiti che più hanno pagato il voto politico. Con una probabile serie di scosse telluriche che si propagheranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
PD, congresso a marzo
Il ‘campo largo’ immaginato da Enrico Letta è naufragato con la caduta del governo Draghi, e il Pd è rimasto schiacciato fra il terzo polo di Calenda e la rimonta a sinistra del M5S, che ha fatto sua quell’agenda sociale che al Nazareno è stata sacrificata ad una ipotetica ‘agenda Draghi’. “Letta stamani chiarirà tutto. Noi abbiamo le nostre discussioni. Il congresso ci aspetta a marzo. Letta ha sempre analizzato i problemi che si affrontano poco per volta man mano che si presentano” – dice la capogruppo del Pd al Senato Simona Malpezzi al Tg1.
Congresso che rischia di vedere l’implosione del partito, diviso ora tra i ‘riformisti’ capeggiato da Bonaccini che guardano con interesse a Calenda e coloro i quali, da Orlando a Emiliano, hanno sempre sostenuto l’idea di dover ricucire col M5S. Il problema principale, più che trovare un segretario, sarà tenere insieme vincitori e vinti, nostalgici del renzismo e antirenziani, centristi e filo Conte. Per il Pd è una sorta di anno zero, in cui va recuperata in primis un’identità chiara.
Salvini assediato
Ma qualche problema c’è anche nel Centrodestra vincitore, laddove alla valanga meloniana si contrappongono i magri risultati di Forza Italia e soprattutto della lega di Matteo Salvini, rimasta clamorosamente al di sotto del 10%. Il che darà qualche problema alla Meloni nella composizione del governo, ma soprattutto segna la fine delle velleità nazionaliste di Salvini.
Andrà verificato come ‘il Capitano’ affronterà la dèbacle con il suo gruppo dirigente, dove prenderà presto corpo da parte degli oppositori interni (Giorgetti e i governatori del Nord) la richiesta di tornare all’antico ruolo della Lega per ricostruire al Nord quel rapporto con il territorio uscito distrutto dalle urne. Ma intanto la Meloni dovrà formare un governo, bilancino alla mano, con due partner che insieme hanno meno della metà dei suoi voti e un’indole tutt’altro che disponibile al ruolo di gregariato.