Il Pd conosce il declino, ben espresso da voti mancati nelle elezioni e ormai rinnegato da chi non lo considera più di sinistra. Detto in termini più chiari è chiaramente inservibile per chi vuole una sinistra riformista e di governo. Stefano Bonaccini rende chiaro che ‘da sola la sinistra non ha mai vinto’.
Anche per questo ci vorrebbe un/a segretario/a subito. Un/a leader eletto/a dalla Direzione. Quella di Enrico Letta è di fatto una “reggenza” che può durare qualche settimana, non cinque mesi; più passano i giorni e peggio è.
Dalla Direzione-fiume di giovedì scorso sono successe alcune cose tutte negative. C’è stata una polemica sul voto di alcuni europarlamentari dem su un atto sulla guerra in Ucraina, un voto che, comunque lo si legga, ha creato una spaccatura del gruppo su un tema non esattamente secondario.
C’è poi una polemica tra le donne del Pd perché le esclusioni e le mancate elezioni sono imputabili, soprattutto secondo alcune non elette, alla responsabile dell’assemblea delle donne Cecilia D’Elia di cui alcune chiedono le dimissioni: è stata persino fatta uscire una nota falsa e poi smentita dall’ufficio stampa.
C’è stata la manifestazione della Cgil, ormai incunabolo di una sinistra arrabbiata in salsa contiana, nella quale molti lavoratori hanno detto di detestare il Pd, presente con la fazione Orlando-Provenzano-Boldrini-Cuperlo-Speranza. Letta in piazza non si è fatto vedere.
Intanto un sondaggio segnala che dal 25 settembre il Pd ha perso un altro punto e mezzo e ormai è di poco davanti al M5s. Dal punto di vista dei contenuti, dopo il voto Letta è sparito ed è molto improbabile che riesca a tenere il Pd unito e fermo sulla linea pro-Ucraina.
Sulle bollette il Nazareno è stato poi ampiamente battuto sul tempo da Carlo Calenda che ha proposto un credibile piano per far fronte agli aumenti basato sul “tetto” da stabilire nazionalmente.
Infine, in Lombardia e nel Lazio, soprattutto in quel Lazio dove governa Nicola Zingaretti, si staglia l’ombra di altre sconfitte.
Non solo dopo il voto non è venuta avanti alcuna idea nuova sul da farsi ma sono cresciute posizioni contraddittorie sulla guerra, si sono acuiti contrasti interni e lotte personali, si è accentuato l’isolamento politico e rafforzata la concorrenza di Conte e Calenda. Il tutto mentre sta per nascere un governo di destra.
Con un segretario debole e a termine alla guida di un gruppo dirigente logorato è chiaro che il Pd non ce la può fare.
Letta è chiaro: “Non torno in Francia, sarà opposizione intransigente”. E spunta il piano di Prodi per il nuovo Pd.
“Vedo che in tanti da Lega e Fdi mi invitano a prendere la strada del ritorno, ma io sarò impegnato a fare opposizione in Parlamento con tutta la determinazione che ho perché penso che questa destra non sia ciò di cui l’Italia ha bisogno” dice il segretario. Prodi afferma: “Il cambiamento deve essere radicale perché i rapporti con il Paese si sono ristretti molto”
“Dobbiamo essere pronti a fare quello che gli italiani ci hanno chiesto di fare. Ci hanno dato il mandato di fare la prima forza di opposizione, un’opposizione intransigente, nell’interesse del Paese, in maniera costruttiva. Deve essere un’opposizione nel Parlamento e nel Paese. Di piazza, quando è necessario, e in Parlamento. Presenteremo nei prossimi giorni un’agenda di opposizione parlamentare”, dice il segretario del Pd Enrico Letta a Che tempo che fa, su Raitre.
Letta, replicando a una domanda sull’ipotesi di un suo ritorno all’insegnamento in Francia, alla Grande école Sciences Po Paris. Il governo “nasce con luna di miele, che non sarà lunga come si immagina”. Il leader del Pd assicura che “quando ci sarà un momento di crisi, chiederemo elezioni anticipate. Spero in un’opposizione più unitaria possibile, che non ci sia concorrenza tra di noi. Lancio un appello alle forze politiche di opposizione, dobbiamo farla il più possibile insieme, ognuno con la sua agenda e il suo stile. Se non la faremo insieme avranno un grande vantaggio e non dobbiamo darglielo” perché “un governo di destra così sarà un problema per l’Italia”. Il Pd cambierà nome? “Discuteremo anche di questo. Tutti quelli che verranno al Congresso costituente e parteciperanno a questo processo saranno liberi di discutere di tutto. E’ un processo vero, profondo, di discussione e di dibattito. Se non lo facciamo adesso quando?”. Lo scioglimento del partito però non è un’opzione sul tavolo: “Se c’è una cosa che escludo è questa”. Letta immagina una “rigenerazione” del partito, con una nuova leadership, “lo faccio per spirito di servizio: farò la mia parte con la sobrietà necessaria e con l’idea di dare un futuro al mandato che questi cinque milioni italiani ci hanno dato che sia vincente”.
“Il Pd va cambiato, dinamizzato, proiettato. Scioglierlo sarebbe come ripudiare la mia vita, una specie di suicidio, e non ho ancora una volontà suicida. Ma il cambiamento deve essere radicale perché i rapporti con il Paese si sono ristretti molto, vanno ricostituiti”. A dirlo è Romano Prodi, intervistato da Repubblica: “Qui bisogna ricominciare a parlare con la gente delle cose che si discutono a tavola, quindici o venti argomenti: dagli adolescenti alla droga, al lavoro, alla salute, alla ricerca. Ogni settimana venti persone ma non solo del Pd, anche esperti, ne discutono in rete con decine di migliaia di cittadini. Al sabato il segretario dem o chi per lui va di presenza in una città e ne fa una sintesi, a Milano se si dibatte di finanza,a Padova se di volontari. Dopo si fa il congresso sui nomi per la guida del Pd. E’ una utopia? Sì, ma questo si fa se si vuole rifare un partito. Prima di eleggere un segretario bisogna comporre una linea politica”.
“Nel Pd ancora cultura patriarcale. Femministe contro di noi? Abbiamo delle responsabilità”