Giornalista e scrittrice, Oriana Fallaci prende una posizione ben radicale riguardo l’Islam e il fondamentalismo Islamico e non ha mai ritrattato sulle sue visioni a riguardo. La visione di Oriana Fallaci sul tema Islam è, però, sempre stata chiara, tanto da utilizzare un termine come Eurabia per descrivere il processo di colonizzazione dell’Islam verso l’Europa. Secondo la giornalista l’Europa sarebbe in via di un’arabizzazione sempre più accentuata, cadendo sempre più in mano all‘Islam.
La genesi del concetto di Eurabia si deve alla scrittrice di origine ebraica Bat Ye’or, pseudonimo di Gisèle Littman; secondo la scrittrice era presente una sorta di ostilità arabo-europea verso Israele, mentre era in atto un sostegno importante da parte della comunità Europea per la creazione di uno stato arabo-palestinese. Attualmente questo termine ha assunto delle sfumature semantiche molto più specifiche. Il neologismo, infatti, descrive una teoria geopolitica secondo cui l’Unione Europea subirà una trasformazione: la cultura dominante non sarà più quella occidentale ma islamica.
L’Europa, secondo tale teoria, introietterà come suoi i valori della Sharīʿa che diventeranno dominanti grazie alla crescita esponenziale dei fedeli musulmani dovuta all’immigrazione di massa. Il termine è stato ripreso da Oriana Fallaci proprio a partire da questa nuova concezione moderna. In sostanza, tale teoria vedrebbe nell’espansione della popolazione musulmana all’interno del territorio europeo una sorta di minaccia per la civiltà occidentale europea. A tal proposito Oriana scrive:
‘Un’Europa che non è più Europa ma Eurabia e che con la sua mollezza, la sua inerzia, la sua cecità, il suo asservimento al nemico si sta scavando la propria tomba’.
Oriana Fallaci ha più volte analizzato il rapporto fra Islam e Occidente, riportando le sue riflessioni sul tema in numerosi dei suoi scritti mettendo asserendo la non esistenza di un Islam moderato. In La rabbia e l’orgoglio (2001), La forza della ragione (2004), Oriana Fallaci intervista se stessa (2004), trilogia completa, descrive le ragioni per la quale, secondo la giornalista, non è possibile né un’integrazione né un Islam pacifista.
La Fallaci, nelle sue analisi, scortica la patina di politically correct diventando la prima giornalista a parlare di un potenziale pericolo imminente: un nazismo islamico che, piano piano, avrebbe fagocitato tutta l’Europa; pensieri che l’hanno spesso fatta scontare con il mondo intellettuale di sinistra, auto-condannandosi all’emarginazione. Tuttavia, una delle critiche rivolte alla Fallaci sull’Islam, e che tutt’oggi continuano a esser sostenute, era la sua propensione alla generalizzazione.
La Trilogia di Oriana Fallaci spiega bene la posizione della giornalista e dopo gli eventi del 2001, sul Corriere della Sera, appaiono alcuni suoi interventi sui fatti dell’11 settembre. Celebre lo ”scontro” con lo scrittore Tiziano Terzani dovuto a una diversa concezione di integrazione. Terzani invia una lettera all’allora direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, affermando:
”Non significa confondere le vittime con i boia, significa solo rendersi conto che, se vogliamo capire il mondo in cui siamo, lo dobbiamo vedere nel suo insieme e non solo dal nostro punto di vista”.
La risposta della Fallaci a Terzani non tarda a sopraggiungere. Se Tiziano Terzani invitava alla non generalizzazione e alla pace anche e soprattutto fra Islam e Palestina dopo i bombardamenti in Libano e Iran, il 29 Settembre 2001 il Corriere pubblica una lettera della Fallaci in cui la giornalista afferma che era iniziata una guerra di religione.
“Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio, forse, ma che certamente mira alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All’annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci”.
Sveglia, gente, sveglia! Intimiditi come siete dalla paura d’ andar contro corrente cioè d’ apparire razzisti (parola oltretutto impropria perché il discorso non è su una razza, è su una religione), non capite o non volete capire che qui è in atto una Crociata alla rovescia. Abituati come siete al doppio gioco, accecati come siete dalla miopia, non capite o non volete capire che qui è in atto una guerra di religione. Voluta e dichiarata da una frangia di quella religione, forse, comunque una guerra di religione. Una guerra che essi chiamano Jihad. Guerra Santa. Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire. Gli Usama Bin Laden si ritengono autorizzati a uccidere voi e i vostri bambini perché bevete il vino o la birra, perché non portate la barba lunga o il chador, perché andate al teatro e al cinema, perché ascoltate la musica e cantate le canzonette, perché ballate nelle discoteche o a casa vostra, perché guardate la televisione, perché portate la minigonna o i calzoncini corti, perché al mare o in piscina state ignudi o quasi ignudi, perché scopate quando vi pare e dove vi pare e con chi vi pare? Non v’ importa neanche di questo, scemi? Io sono atea, graziaddio.
Nella lunghissima lettera inviata al Corriere della Sera, Oriana Fallaci prosegue descrivendo l’identità culturale degli italiani, solida, che non potrebbe sopportare un’ondata migratoria il cui obiettivo sarebbe rivoluzionare tali valori:
‘Sto dicendoti che noi italiani non siamo nelle condizioni degli americani: mosaico di gruppi etnici e religiosi, guazzabuglio di mille culture, nel medesimo tempo aperti ad ogni invasione e capaci di respingerla. Sto dicendoti che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un’ ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell’ altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri valori. Sto dicendoti che da noi non c’ è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se ci fosse, non glielo darei. Perché equivarrebbe a buttar via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, il Rinascimento, il Risorgimento, la libertà che ci siamo bene o male conquistati, la nostra Patria. Significherebbe regalargli l’ Italia. E io l’ Italia non gliela regalo. La giornalista continua, in seguito, sulla visione dell’Islam come vittima dell’Occidente respingendone la narrazione:
‘Continua anche la frottola dell’ Islam vittima-dell’ Occidente. Come se per quattordici secoli i musulmani non avessero mai torto un capello a nessuno. […] Continua anche la frode o l’ illusione dell’ Islam Moderato. Con questa, il tentativo di farci credere che il nemico è costituito da un’ esigua minoranza e che quella esigua minoranza vive in paesi lontani. Bé, il nemico non è affatto un’ esigua minoranza. E ce l’ abbiamo in casa. Ce l’ avevamo in casa l’ 11 settembre del 2001 cioé a New York’.
‘L’ Islam è il Corano, cari miei. Comunque e dovunque. E il Corano è incompatibile con la Libertà, è incompatibile con la Democrazia, è incompatibile con i Diritti Umani. E’ incompatibile col concetto di civiltà. E visto che ho toccato questo argomento mi ascolti bene, signor giudice di Bergamo che ha voluto incriminarmi per vilipendio all’ Islam ma che non ha mai incriminato il mio persecutore per vilipendio al Cristianesimo. Nonché per istigazione all’ omicidio. (Il mio). Mi ascolti e mi condanni pure. Mi infligga pure quei tre anni di reclusione che i magistrati italiani non infliggono nemmeno ai terroristi islamici beccati con l’ esplosivo in cantina. Il suo processo è inutile. Finché avrò un filo di fiato io ripeterò ciò che ho scritto nei miei libri e che riscrivo qui. Non mi sono mai fatta intimidire. La strage toccherà davvero anche a noi, la prossima volta toccherà davvero a noi? Oh, sì. Non ne ho il minimo dubbio. Non l’ ho mai avuto. Anche questo lo dico da quattro anni. E aggiungo: non ci hanno ancora attaccato in quanto avevano bisogno della landing-zone, della testa di ponte, del comodo avamposto che si chiama Italia. Comodo geograficamente perché è il più vicino al Medio Oriente e all’ Africa.
Attraverso il terrore, la pressione e la persuasione, c’è un movimento internazionale che sta imponendo all’Europa in maniera surrettizia le norme del fondamentalismo islamico e ha individuato in Bruxelles l’avamposto per la sua conquista del mondo: i Fratelli musulmani, organizzazione fondata in Egitto nel 1928 dall’islamista Hasan al-Banna. Le frérisme et ses réseaux. L’enquête (Odile Jacob), scritto dall’antropologa francese e studiosa del Cnrs Florence Bergeaud-Blackler (la prefazione è di Gilles Kepel, ossia il massimo islamologo francese), racconta le origini, la dottrina e il modus operandi dei Fratelli musulmani e il loro piano dettagliato di islamizzazione dell’occidente.
Si tratta di un’inchiesta fattuale, documentata e estremamente rigorosa che mette il lettore dinanzi alla realtà del “sistema-islam”, come lo definisce l’autrice: un sistema tentacolare che hai suoi militanti, lobbysti e uomini e donne di fiducia all’interno stesso delle istituzioni europee e beneficia della genuflessione di una certa classe politica progressista per imporre le sue idee sovversive. Le tappe del piano di islamizzazione dei Fratelli musulmani sono ben esplicitate in un documento di cento pagine dell’Isesco (Islamic Educational, Scientific and Cultural Organization, associazione creata sul modello dell’Unesco), dove viene messa in avanti “la tecnica dell’usura” come strategia per sovvertire i valori occidentali.
«La tecnica dell’usura delle democrazie secolari da parte dei Fratelli musulmani ruota attorno al “diritto alla differenza”, diritto che non esiste da nessuna parte in quanto tale, che fanno derivare dal principio di non-discriminazione presente nella carta delle Nazioni unite», spiega la ricercatrice del Cnrs. Per i Fratelli musulmani, la potenza tecnologica ed economica dell’Europa e più in generale dell’Occidente rende improbabile il successo di una conquista militare. Dunque, secondo gli adepti dell’ideologia frériste, «è attraverso l’educazione e la cultura (il campo dell’Isesco) che le democrazie cederanno, così come il mondo musulmano ha ceduto nell’Ottavo secolo».
Il documento si concentra in particolare sull’educazione delle giovani generazioni di musulmani nate in Europa, che l’islam non deve perdere e abbandonare all’occidente “depravato”, laico e liberale: saranno loro i principali messaggeri che diffonderanno la religione maomettana in tutto il mondo. Bruxelles, cuore pulsante dell’Europa, è l’epicentro della strategia di conquista dei Fratelli musulmani. Attraverso alcune associazioni satellite come il collettivo islamista Femyso, lautamente finanziata dalla Commissione europea, i Fratelli musulmani promuovono l’utilizzo dell’hijab (il velo integrale che lascia scoperto soltanto l’ovale del viso) e perseguitano chiunque osi criticare l’islam con la solita accusa di islamofobia: arma di censura e bavaglio al libero pensiero che il miliardario americano George Soros, attraverso la sua Open Society, ha contribuito a diffondere.
«Fin dall’inizio degli anni Duemila, l’Ong del miliardario americano George Soros, ha svolto un ruolo determinante per la disseminazione del termine “islamofobia” nei milieu accademici ed educativi. L’Open Society European Policy Institute, antenna della rete Open Society Foundations con sede a Bruxelles, ha finanziato ampi studi sul “problema musulmano”, destinanti a consigliare le politiche europee per una società più inclusiva», spiega Florence Bergeaud-Blackler nella sua inchiesta.
Tra i rapporti sfornati dalla Ong di Soros, spicca il documento firmato da Tufyal Choudhury, consigliere dell’Open Society Uk dal 2006 al 2015. Tra le soluzioni avanzate da questo studioso per una società europea e occidentale più “inclusiva”, compare quella di conferire «maggiore autonomia politica ai musulmani, ossia proprio quello che vuole la Fratellanza», ricorda Bergeaud-Blackler. «Nel rapporto si trovano una serie di raccomandazioni su come accrescere la partecipazione dei musulmani, sia a livello nazionale che locale, sulle questioni di politica e di pratiche educative. Le autorità educative locali sono invitate ad esplorare la possibilità di fornire un’educazione non mista come opzione offerta ai genitori nei territori a forte popolazione musulmana», ma anche a «sostituire le scuole anglicane con delle scuole coraniche lì dove i musulmani sono numerosi».
Nicola Procaccini, europarlamentare del partito di Giorgia Meloni e copresidente del gruppo Ecr del Parlamento europeo, torna a riaccendere i riflettori sul rapporto tra calcio e islamizzazione dell’Occidente. E lo fa in un convegno alla Camera, Islamball – Il calcio come strategia di soft power nel cuore d’Europa, in cui si è confrontato con il giornalista e scrittore Rocco Bellantone, autore del libro Calcio, Islam e petrodollari; l’antropologa e ricercatrice Florence Bergeaud Blackler, che lavora al Cnrs, il più grande istituto pubblico di ricerca della Francia; il giornalista del Sole 24 Ore Marco Bellinazzo; e Andrea Stramaccioni, commentatore sportivo televisivo.
«Il fatto che Stati come il Qatar, gli emirati Arabi e l’Arabi Saudita da decenni siano accusati di fiancheggiare e finanziare gruppi islamici estremisti non fa che rafforzare il concetto che la loro strategia ora abbia fatto un ulteriore salto di qualità», si legge. Il dossier cita, a tal proposito, «un documento dei Fratelli Musulmani pubblicato lo scorso anno, che spiega molto bene il processo di islamizzazione dell’occidente in corso».
«Gli investimenti del mondo arabo nel calcio non sono né divertissement per sceicchi, né un investimento con una rendita perché sono tutti a perdere su piano economico – premette Procaccini-. Sono figli di una strategia geopolitica di diffusione dell’Islam, anche quello radicale, nelle società occidentali attraverso il calcio che è il più popolare degli strumenti di soft power che esistano. Con questa iniziativa abbiamo collegato tutti i puntini in modo da far vedere ciò che tutti hanno sotto gli occhi ma di cui non colgono il senso».
Nel dossier Islamball Ecr-FdI si spiega come i mondiali nel Qatar del 2022 «siano stati un primo importante passo per l’ingresso del calcio in grande stile in quel processo di penetrazione». Così come, «la imponente campagna acquisti dell’Arabia Saudita può certamente essere considerata come un’enorme operazione di sportwashing di un regime che cerca di accreditarsi a livello internazionale». Insomma, c’è ben altro dietro i faraonici investimenti in questo sport popolare in ogni angolo del globo da parte di alcuni Stati arabi, con l’ingaggio di campioni planetari da parte dell’Arabia Saudita e i campionati del mondo in Qatar. Una riflessione «per collegare tutti i puntini di quello che non è un divertimento per sceicchi ma una strategia geopolitica per un processo di islamizzazione progressiva dell’Occidente».
Il calcio come strumento di soft power, dunque, «con tanti casi che caratterizzano questo fenomeno a partire dai primi anni 2000 quando gli stati del Golfo hanno deciso di investire» nel pallone e, più in generale, «nello sport acquistando diverse squadre inglesi e sponsorizzandone molte altre tra le più blasonate in Europa».