L’Europa e il dopo Brexit

Ora che la Gran Bretagna si avvia inesorabilmente ad uscire dall’Unione Europea, è tempo di discutere del futuro del Vecchio Continente. E’ questione economica che si lega a doppio filo a quella politica e ci riguarda molto da vicino. Il nostro continente, che rimane la regione del mondo a più alto sviluppo, sia in termini economici, di diritti civili, sociali e di garanzie democratiche, anche più degli Stati Uniti d’America, negli ultimi anni sta segnando il passo nel campo dell’innovazione, che è la vera chiave, a lungo termine, del benessere collettivo di un popolo. La Cina ha investito e investe moltissimo sui trasporti ultra veloci e intelligenza artificiale, Gli Usa che negli ultimi decenni erano i primi, oggi sono indietro sul 5G, e hanno urlato al mondo di diffidare delle tecnologie cinesi, perché poterebbero  spiare i segreti degli Stati.  Ma la nostra Europa su cosa vuole puntare?. Sulla green economy o sul 5G.  In entrambi i settori ci sarebbero grandi potenzialità da sfruttare.  Ma bisogna completare la via  di un mercato unico e rendere la politica industriale più forte e coesa. Questo è il gap della strategia economica europea degli ultimi decenni: esportare in un mercato globale, guidato dagli Stati Uniti, per beneficiare di un ordine internazionale aperto mentre si procede sulla strada dell’integrazione nel modo più cauto possibile, così da salvaguardare i Paesi dell’Unione. Ma da quando si è insediato alla  Casa Bianca Trump , questo è diventato più difficile e articolato. Quindi l’Europa deve contare sempre di più sulle proprie forze e puntare sempre di più all’obiettivo di un mercato unico. Si pensi ai sevizi di telecomunicazioni, energia, trasporti, digitale, o alla finanza cioè ai sistemi che danno vita a tutte le imprese, confrontiamo il nostro grado di integrazione tra gli Stati dell’Ue, con quello di Usa e Cina.  Ci rendiamo conto di quanto ancora questi due Paesi possano ancora oggi, godere di economie di scala ben maggiori delle nostre. La creazione di una vera unione economica non può prescindere da quella politica. Altrimenti il futuro non ci sarà.L’Europa deve mettere in campo politiche di innovazione incisive, e puntare su un welfare comune , che aiuti le fasce più deboli e contribuisca allo sviluppo delle aree che sono in ritardo. Il Governo dell’Unione è a trazione intergovernativa ed inevitabilmente finisce per subire il potere di veto di ogni singolo stato. Rispetto all’integrazione il Regno Unito è stato sempre quello che più ha frenato sulla via dell’integrazione. Ora che sta per lasciarci occorre più consapevolezza da parte dell’Europa.  Sorge spontanea una domanda:” E per l’Italia all’interno di un rinnovato contesto europeo che speranze ci sono?” Potremmo dire poche, a giudicare dalle discussioni intorno al Mes. Eppure il nostro Paese per le sue mille contraddizioni e fragilità interne, è quello che più di tutti può trarre benefici dal rafforzamento dell ‘Unione. Ma il dramma tutto italiano sta nell’insipienza del sistema politico che governa il Paese.

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