Il ministro degli Esteri Gentiloni ha informato il Parlamento sulla vicenda dei quattro tecnici italiani rapiti in Libia. L’Italia non vuole avventure inutili, ha detto il ministro, assicurando che un eventuale intervento avverrà solo con il via libera delle Camere: ‘Lavoriamo per rispondere ad eventuali richieste di sicurezza del governo libico, niente di più, niente di meno, nel rispetto della Costituzione e solo dopo il via libera del Parlamento italiano. Il governo non si farà trascinare in avventure inutili, e perfino pericolose, per la nostra sicurezza nazionale. Non è sensibile al rullar di tamburi e a radiose giornate interventiste ma interverrà se e quando possibile su richiesta di un governo legittimo’. Gentiloni ha aggiunto che bisogna combinare fermezza, prudenza e responsabilità. Gli interventi militari non sono la soluzione ricordando che la Libia è grande sei volte l’Italia e conta 200mila uomini armati tra milizie ed eserciti. Nel sequestro dei 4 italiani in Libia non sono emersi elementi di riconducibilità di formazioni di Daesh in Libia e non è mai giunta alcuna rivendicazione e l’ipotesi più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico operante tra Mellita, Zuwara e Sabrata. Per i quattro italiani rapiti in Libia non è stato pagato alcun riscatto, ha precisato Gentiloni. Sui cadaveri di Piano e Failla, i tecnici italiani uccisi, è stata effettuata ieri in Libia l’autopsia nonostante la famiglia avesse chiesto che fosse fatta in Italia, come ha reso noto l’avvocato della famiglia Failla. La drammatica verità, ha sostenuto, è che si è trattato di un’autopsia vera e propria e non un esame cadaverico esterno, secondo quelli che sembravano gli accordi. Autopsia durante la quale, ha aggiunto il legale, sarebbero stati addirittura prelevati i proiettili.
A una richiesta di confermare che possa parlarsi di autopsia approfondita e non di mero esame autoptico non-invasivo perché si è trattato di determinare il tipo di arma, se è stata una pistola, un fucile, un mitra a causare il decesso. Il direttore dell’Ufficio inchieste presso la Procura generale di Tripoli, Sidikj Al-Sour, non ha voluto commentare l’ipotesi che Salvatore Failla e Fausto Piano siano stati colpiti alla nuca risultando vittima di una sorta di esecuzione. I risultati dell’autopsia saranno nel rapporto di medicina legale, una copia del quale sarà trasmessa alle autorità italiane. La Procura ha posto diverse domande alla Medicina legale, importanti per lo sviluppo delle indagini, rivelando comunque che, fra l’altro, è stato compiuto un sopralluogo sul posto dell’incidente. Ci è stato detto dai familiari di Piano che la Farnesina ha riferito loro che sono stati costretti a dargli i corpi per l’autopsia perché hanno puntato le armi alla testa dei rappresentanti italiani che sono attualmente in Libia.
Nella serata hanno parlato i familiari di Failla che ricordano una telefonata di Salvo: ‘Ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere’. Sono le parole di Salvatore Failla, ucciso in Libia, fatte ascoltare dalla moglie Rosalba che si riferiscono ad una registrazione fatta ascoltare alla donna dai rapitori nell’ultima telefonata ricevuta, risalente allo scorso 13 ottobre: ‘Uno dei sequestratori mi chiamò e parlò in italiano’. Mio padre era una persona buona e non ci hanno aiutato a riportarlo a casa, sono invece le parole di Erica, 23 anni, figlia di Salvatore Failla: ‘Ci hanno detto di stare zitti, di non fare scalpore. Ci hanno detto di non rispondere alle domande dei rapitori. Dov’è lo Stato? Abbiamo fatto quello che ci hanno detto, ma non è servito a nulla’. Intanto sul rimpatrio delle salme dei due tecnici italiani della Bonatti i corpi sono arrivati questa notte e le salme sono state avviate al policlinico Gemelli di Roma ed i medici dell’Istituto di Medicina legale eseguiranno a loro volta gli accertamenti autoptici sul corpo di Failla e Piano dopo l’autopsia eseguita a Tripoli. E’ durato quasi mezz’ora il rito religioso che si e’ svolto sulla pista di Ciampino in un silenzio assoluto ed è la prima volta che sulla pista dell’aeroporto si e’ svolto un rito di cosi’ lunga durata. Nessuna voce, nessun grido ma un dolore contenuto da parte dei congiunti di Failla e Piano. Alla fine il sacerdote ha di nuovo benedetto i feretri e subito dopo i parenti dei due tecnici hanno deposto per l’ultima volta le mani sul legno delle due bare.
Cocis